Il diario dei sogni

Yume Nikki

Sviluppatore: Kikiyama
Publisher: AGM PLAYISM
Genere: Avventura 2D
Disponibile: Digital
PEGI: 18+
Lingua: Inglese

Alcuni anni prima di Ib, The Witch’s House e Mad Father (qui la mia recensione), veniva pubblicato un videogioco amatoriale che si sarebbe rivelato il capostipite di quel filone di horror indie freeware sviluppatosi successivamente. Era il “lontano” 2004 quando Kikiyama, anonimo e discreto sviluppatore indie, rilasciò Yume Nikki, una delle creazioni più originali dello scorso decennio, la cui verve creativa ispirò un adattamento a fumetti, una light novel, moltissimi fan game, e alcuni omaggi da parte di autori come Toby Fox in Undertale, e forse anche Kunihiko Ikuhara in Mawaru Penguindrum.
In concomitanza con l’uscita del progetto Yume Nikki – Dream Diary, revival tridimensionalizzato del gioco classico, AGM PLAYISM ha deciso di distribuire quest’ultimo sulla piattaforma Steam.
Ero un ragazzino quando giocai a Yume Nikki per la prima volta, senza capire assolutamente nulla; adesso che ho raggiunto una sensibilità più matura, sento di averlo apprezzato davvero di più.

La “storia”, se proprio vogliamo trovarne una, è estremamente minimalista, compensata tuttavia da un mastodontico immaginario artistico. La protagonista, Madotsuki, è un hikikomori, una bambina reclusa all”interno di un appartamento spartano, composto unicamente dalla sua cameretta e da un balcone affacciato a uno scenario quasi “apocalittico”. È inutile tentare di uscire dalla stanza, visto il rifiuto categorico della bambina di evadere, mentre le uniche interazioni possibili sono limitate a giocare su un NES a Nasu, un minigame simile a Pyoro di Warioware, scrivere sul proprio diario per salvare la partita e soprattutto, andare a dormire. Nel sonno, Madotsuki si ritrova catapultata in un sogno lucido sul balcone del suo appartamento, in un mondo ancora più lugubre: qui può aprire la porta della sua stanza, ma invece di una via d’uscita, trova il Nexus, l’ingresso per l’impero della mente.

IL SOGNO DENTRO AL SOGNO

Il Nexus è un’area relativamente piccola, al cui interno sono disposte circolarmente dodici porte per il mondo dei sogni. Lo scopo del gioco, come brevemente esplicato all’inizio della partita, è trovare tutti i ventiquattro effetti disseminati nei vari mondi e depositarli sotto forma di “uova” nel Nexus. Oltre ai mondi principali,  esistono livelli secondari situati ancora più in profondità nel subconscio di Madotsuki, ognuno interconnesso tra di loro senza quasi soluzione di continuità. Ciascun livello  è sconfinato, ripetitivo e fuorviante, tanto che molte mappe, in assenza di bordi, lasciano vagare il giocatore in tondo proprio per aumentare la sensazione di smarrimento. Sebbene gli effetti abbiano un ruolo centrale nel gioco, solo un terzo di loro è veramente utile all’esplorazione, mentre il resto rappresenta solo un vezzo estetico; a complicare la caccia al tesoro è l’individuazione degli effetti stessi, visto che non c’è nessun indizio che indichi quali siano gli oggetti da cercare e dove cercarli: metà degli effetti si trovano subito nei primi dodici mondi accessibili al Nexus, tutti gli altri sono disseminati nei piani più oscuri del sogno di Madotsuki – buon fortuna a cercare l’effetto Neon tra tutti gli animaletti elettrici del Neon World!  Il risultato, come suggerisce il logo di Yume Nikki, è un continuo camminare alla cieca in un labirinto senza quasi via d’uscita.
Infine, la presenza dei frenetici Toriningen, i principali nemici del gioco, darà ogni tanto il filo da torcere al giocatore a causa del loro potere di trasportare Madotsuki in uno spazio chiuso e isolato.
Ci son due modi per affrontare il gameplay di Yume Nikki: il primo è orientarsi seguendo le guide online, rischiando però di trascurare aree “inutili” ai fini della trama, ma visivamente d’impatto; il secondo consiste in una completa blind run, dove il giocatore può vagare potenzialmente in eterno. Scegliere di aiutarsi o di avanzare con le proprie forze sono entrambe opzioni legittime, ma per un’ esperienza di gioco pienamente soddisfacente, consiglio dunque di alternare i due metodi risolutivi.
Per quanto riguarda il finale, alcuni potrebbero trovarlo misero, inconcludente o perfino deludente se paragonato all’odissea impiegata a raggiungerlo. In realtà, la sua conclusione è assolutamente in  linea con lo spirito del gioco, stordente, raccapricciante e nichilista.

Qualche anno fa, il director di Dark Souls, Hidetaka Miyazaki, twittò:  “A well designed world could tell its story in silence.”
Penso che Yume Nikki rispecchi pienamente questa dichiarazione, visto il completo mutismo dell’ambiente circostante; tuttavia, ritengo opportuno sottolineare come la narrazione del gioco percorra binari su un livello completamente diverso rispetto a quelli di un RPG convenzionale.
Molti critici e studiosi di storia dell’arte della letteratura condividono l’opinione che la fase finale del processo creativo di realizzi con la verifica e la partecipazione dell’interprete ad esso: ebbene, credo che il successo di Yume Nikki sia dipeso moltissimo dalla forte propensione della direzione artistica di affidare al giocatore il compito di interpretare la storia di Madotsuki tramite la propria sensibilità. Ogni mappa è caratterizzata da una costellazione confusa di elementi visuali carichi di significati ermetici e simbolici, di ispirazione fortemente astrattista, cubista e perfino riprendente l’arte mesoamericana.
C’è una corrente di pensiero che sostiene l’analogia tra la critica artistico-letteraria e la psicoanalisi: così come un analista si ingegna per delineare il profilo psicologico dei suoi pazienti, il critico usa i suoi mezzi per interpretare il contenuto intrinseco di un’opera d’arte. Partendo da questa premessa, Yume Nikki diventa un’opera non da analizzare, bensì da “psicoanalizzare”.
Nel gioco, infatti, i riferimenti alla psicologia freudiana e junghiana si sprecano. Creature falliche, simboli ionici e le altre metafore sessuali, sono tutte espressioni della sessualità polimorfa infantile di Madotsuki. Inoltre,  le teorie più citate riguardanti il carattere della bambina, concernono i temi della solitudine, l’ansia, la sociopatia, il dismorfismo corporeo e la violenza sia fisica che sessuale.
La grafica si presenta principalmente in 16-bit, ma non mancheranno livelli caratterizzati da sfondi foto-realistici in 32-bit, tra cui una città ai piedi di un monte, le luci di una città notturna e perfino un territorio marziano, e mondi interamente in 8-bit, palesi riferimenti a Mother e a Dragon Quest.

La colonna sonora comprende 60 tracce, tantissime per un prodotto del genere. Grazie al suo ritmo particolare e discordante, la musica riveste un ruolo funzionale per l’atmosfera del gioco, e riesce a immergere il giocatore in un’esperienza profondamente disturbante e allo stesso tempo incantevole.

Contenuti

Dove posso acquistarlo?

A distanza di quattordici anni, un titolo diventato pietra miliare del genere è tornato alla ribalta per rinfrescare la memoria dei vecchi fan e coinvolgere nuovi appassionati.
Yume Nikki è un gioco psicologicamente estenuante, nevrotico e quasi inintelligibile, a causa delle sue barriere comunicative insormontabili e del suo caotico level design.
Chissà se il nuovo progetto (supervisionato dallo stesso Kikiyama) sarà all’altezza delle aspettative.
Il gioco è scaricabile gratuitamente su Steam. Vi auguro sogni d’oro.

semafori indie-03

Good

  • Esplorazione senza confini.
  • Direzione artistica ispirata.
  • Musica super-coinvolgente.

Bad

  • Mette alla prova il senso dell'orientamento.
  • Elementi non molto interattivi.
  • Effetti non pienamente sfruttati.
7.5

Studente, attivista LGBTQ+ e auto-proclamato paladino della giustizia!