
Yakuza 0
Sviluppatore: SEGA
Publisher: Deep Silver
Genere: Avventura azione 3D
Disponibile: Digital+retail
PEGI: 18+
Lingua: Inglese
Ringraziamo il publisher per averci fornito una copia review
Veniamo subito al sodo: se avete amato gli altri giochi della serie, comprate questo Yakuza 0 ad occhi chiusi. In sostanza, si tratta dello stesso gioco, migliorato e raffinato nel corso dei 10 anni di vita di Yakuza, come ci viene ricordato all’avvio. Questo significa che si potranno ritrovare parte degli stessi difetti dei capitoli precedenti, come ad esempio i menu, al solito con una risposta compassata e con una stile grafico certamente non da 2017, oppure i muri invisibili che delimitano le non gigantesche ma dense aree di gioco, contro i quali si può continuare a correre sul posto senza che strappare una reazione al personaggio. Certamente si tratta di un modo per dare continuità, giacché si tratta di un prequel e chi ha già avuto il piacere di visitare Kamurocho rionoscerà luoghi e persone familiari – senza nulla togliere a chi per la prima volta decide di approcciarsi a uno Yakuza – ed espandere luoghi noti avrebbe potuto togliere il feel usuale: sì, questo è un ottimo punto di ingresso per la serie, anche se ovviamente passando a giochi più vecchi si ha una regressione grafica e di tante piccole cose che sono state migliorate nel corso del tempo. D’altronde, ed è giusto ricordarlo, Yakuza 0 non è il vero battesimo di fuoco della serie nel nome della nuova nata in casa Sony, bensì un porting diretto della versione PlayStation 3 che SEGA e Deep Silver hanno ben pensato di non portare sul nostro mercato. Insomma, giudicatelo con lo sguardo comprensivo che normalmente riservate ai remaster HD.
QUALCHE FILM NIPPOMAFIA
Se si attraversa il mondo di corsa, solo per vivere le vicende dell’avventura principale, gli scontri puntellano delle lunghe parti narrative durante le quali il giocatore non può intervenire, non esistono bivi narrativi. Si tratta di cutscene che alternano almeno 3 stili diversi, in successione, da quelle realizzate in CG prerenderizzata, che potremo poi rivedere dal menu principale, a quelle che utilizzano il motore di gioco, che non sono bellissime in quanto tutti i personaggi tendono a esibirsi in movenze innaturali da pupazzi. Del resto, questo è non è una serie nota per l’espressività dei volti, e per quanto la vicenda principale sia una solida storia di mafia che tratta dei temi già visti in altri episodi della serie, il vero cuore del gioco sta nel ricchissimo mondo nel quale si muovono i personaggi. Dal punto di vista della narrazione mi trovo complessivamente soddisfatta, salvo l’essermi dovuta abituare, pure stavolta, a pistole puntate alle spalle, pistole puntate alle spalle di pistole puntate alle spalle e altri cliché del genere. Insomma: ci vuole una bella dose di sospensione dell’incredulità per non trovarsi ad aggrottare le sopracciglia di fronte allo schermo. Specie quando i momenti serie e drammatici della narrazione principale vengono seguiti a ruota da substories davvero surreali. Ma d’altronde, anche questo è Yakuza.
Yakuza 0 non è il Content Bucket di Brendan Keogh, quello che ci ritroviamo attorno, che viviamo, è un mondo “vero” e un atto d’amore verso di esso. Per vero non intendo realistico: del resto, alla base della serie ci sta la vicenda di un uomo, Kazuma Kiryu, che mazzuola in successione decine e decine di “cattivi” che inevitabilmente soccombono ai suoi colpi, che si prende pistolettate come se niente fosse, che possiede forse due espressioni. E non è neanche coerente a dire il vero: passi che, come accade in moltissimi videogiochi, un personaggio possa decidere di perdere tempo esplorando invece di dedicarsi agli urgentissimi accadimenti della storia principale, ma quello che stride è come i toni siano spesso completamente diversi, tra la storia di mafia dura e secca, e quel nugolo di storie e storielle in cui ci si imbatte correndo qua e là, le quali vivono come in un mondo parallelo, ove il tono è molto spesso umoristico o addirittura surreale. Si soffre un po’ nell’avere un’interazione limitata con l’ambiente e le persone, ma la varietà di quest secondarie, e i risultati talvolta inaspettati che portano, leniscono anche il dolore di quando ci si imbatte in muri invisibili in spazi che visivamente risultano aperti e calpestabili o in quelle scale che non possiamo salire.
Gli elementi RPG si trovano nella costruzione del personaggio e nella gestione dell’inventario. Così potremo decidere di orientare i protagonisti, il solito Kazuma Kiryu stavolta affiancato da Goro Majima, secondo lo stile di combattimento da noi preferito, spendendo il nostro portafoglio di yen per acquisire delle abilità in uno dei tre stili, per ogni personaggio, che abbiamo a disposizione, oltre che per acquistare equipaggiamento di varia natura. Già, stavolta non si acquisisce esperienza a legnate, ma cascate di denaro, che premiamo l’abilità del giocatore utilizzando moltiplicatori connessi a particolari comportamenti durante gli incontri. Un altro modo per ottenere denaro, oltre al dedicarsi agli svariati giochi d’azzardo presenti, è nell’investire del tempo e delle risorse nei business nei quali dopo una manciata di capitoli si troveranno coinvolti entrambi i personaggi. Tali business sono degli interessanti diversivi, anche se non profondissimi, e l’aspetto più stimolante è che sono connessi alle storie secondarie, così da invogliare ancora di più l’esplorazione. I minigiochi presenti non sono complessi (a parte per la difficoltà intrinseca di giochi come shogi, ovviamente), talvolta pure troppo semplificati, e sia per quanto riguarda l’aspetto grafico che per l’interazione viene da pensare che si poteva fare di più. Qualcuno potrebbe essere infastidito dalla rappresentazione dell’altro sesso, soprattutto in alcuni minigiochi (dei quali uno è probabilmente quello peggiore dell’intero gioco), ma tutto va a inserirsi nell’insieme di stereotipi su cui il gioco fa leva per ricreare quest’immagine di Giappone quasi da film.
È difficile quantificare il valore di questo videogioco, che riprende pedissequamente elementi che da tempo sono stati superati da altri titoli, ma che presenta una cura complessiva notevole di quei parchi giochi che sono Kamurocho e Sotenbori. Sicuramente è molto prolisso e altrettanto sicuramente non difficile ai primi livelli di difficoltà, risultando accessibile anche a chi solitamente non frequenta questo tipo di giochi. La possibilità di variare stili di combattimento aggiunge profondità, e il mondo è ammaliante da esplorare. Si tratta di un gioco particolare, che può piacere come no. Se non avete mai provato uno Yakuza e amate l’ambientazione giapponese contemporanea prendetelo seriamente in considerazione.