Un soggiorno enigmatico al Penrose Hotel

The Spectrum Retreat

Sviluppatore: Dan Smith Studios
Publisher: Ripstone
Genere: Puzzle Game
Disponibile: Digital
PEGI: 12+
Lingua: Italiano
Versione Testata: Nintendo Switch
Ringraziamo il publisher per averci fornito una copia review

Nel valutare The Spectrum Retreat risulta molto difficile, se non completamente impossibile, non considerare che il titolo in questione è stato sviluppato da una sola persona nel corso di cinque anni. Pensare che Dan Smith, questo il nome del singolo sviluppatore, ha iniziato a lavorare su questo gioco quando aveva soli 15 anni, rende l’approccio a The Spectrum Retreat ancora più difficoltoso, soprattutto se si considera che il ragazzo ha vinto il premio BAFTA come miglior giovane game design tra i 15 e i 18 anni. Con queste premesse, le mie aspettative riguardo a The Spectrum Retreat e al talento di Smith erano altissime, e durante le circa cinque ore di gioco necessarie per completare il titolo in questione, ho potuto valutare la bontà del lavoro dello sviluppatore, nonostante ci siano degli aspetti – forse – inevitabilmente da migliorare.

Ma oltre ad essere il prodotto di un singolo sviluppatore, che cos’è The Spectrum Retreat? Il titolo è un puzzle game narrativo in prima persona, una descrizione che farà accendere una lampadina a molti lettori con incisa sopra una scritta: “Portal”. Ecco, paragonare l’opera prima di un – ora – ventenne con una delle opere più celebri del periodo d’oro di Valve sarebbe indubbiamente ingeneroso, e finirebbe semplicemente per sviare gli utenti che vogliono approcciarsi a The Spectrum Retreat. Anche perché il titolo di Valve risulta molto meno complesso negli enigmi, ma prima di affrontare questo argomento, è necessario parlare dell’impalcatura narrativa del titolo oggi analizzato. Il gioco utilizza uno dei cliché più abusati in ambito narrativo, infatti il silente protagonista è totalmente privo di memoria e non ha idea di dove si trova o del perché sia lì.

TALENTO GREZZO

Il titolo è completamente ambientato all’interno del Penrose Hotel, un albergo che da subito desta dei sospetti nel giocatore a causa del particolare personale all’interno di esso. Non essendoci altri ospiti, le uniche altre persone (?) con cui si avranno a che fare all’interno del Penrose sono degli eleganti camerieri senza volto dalle sembianze di origine robotica. Il compito di questi personaggi è indirizzare il protagonista all’interno dell’hotel, al fine di compiere la sua routine quotidiana. Questa continua reiterazione è al centro dello svolgimento narrativo del gioco, infatti il giocatore e il suo avatar virtuale si ritrovano intrappolati all’interno dello stesso giorno, scandito sempre dalle stesse identiche azioni continuamente ripetute. Ad interrompere questo loop infinito, è una chiamata sul telefono del protagonista da parte di una donna – di cui è da sottolineare un ottimo doppiaggio inglese – decisa a spezzare questa routine e a farci scappare dal Penrose. Non aggiungo altro per non correre il rischio di spoilerare dettagli riguardo al comparto narrativo, i cui risvolti ho trovato abbastanza intuibili, ma riesce comunque ad accompagnare a dovere il giocatore lungo la durata del titolo, intervallandosi tra un puzzle e l’altro.
Veniamo quindi agli enigmi, essi sono divisi in varie stanze e costituiscono il vero focus della produzione, essi sono basati su due elementi principali: il colore e la prospettiva. Le azioni a disposizione del giocatore sono ridotte, esso può solamente saltare e assorbire il colore di determinati cubi utilizzando un particolare strumento in dotazione. Il colore assorbito permetterà di attraversare le porte dello stesso colore, ma renderà inaccessibili le altre, quindi al fine di poter risolvere i vari enigmi, risulta necessario colorare a dovere i vari cubi presenti, operazione che risulta piuttosto complicata considerando che è possibile assorbire solo un colore alla volta. Verso la metà del titolo, viene aggiunta una nuova meccanica, sempre legata all’utilizzo dei colori, che rende ancora più complessa la risoluzione dei puzzle. Questi risultano davvero cervellotici, molto più di quelli proposti dal sopracitato Portal, ma naturalmente Dan Smith deve ancora lavorare molto per poter raggiungere le vette qualitative del capolavoro Valve. L’estrema difficoltà degli enigmi di the Spectrum Retreat cozza con il level design del titolo, che non dà modo al giocatore di correggere le proprie azioni senza dover ricominciare completamente da capo il livello.

Considerata l’elevata difficoltà degli enigmi, risulta spesso frustante dover annullare quanto di buono fatto a causa dell’errato posizionamento di un singolo colore, un aspetto che avrebbe meritato una maggiore attenzione da parte dello sviluppatore. Tenendo a mente che si tratta del primo titolo di un singolo sviluppatore, forse sarebbe stato chiedere troppo, ma avrei gradito degli elementi capaci di variare il ritmo tra una stanza e l’altra, magari con qualche piccolo inserto di natura narrativa per dare al giocatore un elemento costante di interesse per completare le stanze.
Il titolo è stato testato nella sua versione per Nintendo Switch, che risulta essere la console meno adatta per il titolo. Dal punto di vista grafico c’è un abisso con le controparti PlayStation 4, Xbox One e PC, il che era prevedibile, ma sulla console Nintendo il titolo risulta essere quasi sgradevole dal punto visivo, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle ombre, che sembrano essere il risultato di un port di bassa qualità. In più, a volte è necessario puntare perfettamente il mirino di gioco per poter assorbire il colore di un cubo, e le imprecise levette analogiche dei Joy-con rendono questo compito ancora più complicato, per ciò, il Pro Controller di Switch risulta un ottimo alleato per chi vuole giocare The Spectrum Retreat sulla console Nintendo.

 

 

 

 

Dove posso acquistarlo?

PS Store

XBOX MARKETPLACE

Ciò che manca a The Spectrum Retreat per poter raggiungere le più alte vette qualitative è una maggior cura in diversi aspetti della produzione, tuttavia, il titolo rimane godibile nonostante alcune pecche che rendono frustranti il risolvimento degli enigmi. Dato l’elevato livello di difficoltà, il gioco è adatto ai giocatori consapevoli di affrontare una sfida ardua, capace di mettere alla prova anche gli utenti più avvezzi a titoli simili. Dan Smith si presenta al mondo videoludico con un’opera prima che supera la sufficienza, e che fa ben sperare per i suoi progetti futuri.

semafori indie-03

Good

  • Enigmi estremamente complicati.
  • Impressionante per essere un’opera prima.

Bad

  • Level design da migliorare.
  • Port su Switch di scarsa qualità.
7

Giocatore da tempo immemore, crede fortemente nella forza del medium videoludico e cerca, nel suo piccolo, di favorirne la sua diffusione culturale.