
The Great Ace Attorney Chronicles
Sviluppatore: Capcom
Distributore: Capcom
Formato: Digital
Localizzazione: Inglese
Versione Testata: PS4
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È giunta in Occidente la raccolta di visual novel The Great Ace Attorney Chronicles, che con le sue dieci avventure, divise in due capitoli, catapulta il videogiocatore in un universo d’epoca fatto di indagini e deduzioni da risolvere nei panni del protagonista, Ryunosuke Naruhodo, coadiuvato dalla graziosa e competente assistente Susato Mikotoba.
Alla avvio del gioco vi ritroverete nel Giappone del XIX secolo, accusati di un omicidio che non avete commesso e con la possibilità di difendervi in un processo in cui testimoni e indizi puntano a voi come unico possibile colpevole. Vostro compito sarà esaminare le prove e contro-interrogare i testimoni al fine di scagionarvi e giungere al vero assassino.
Lo stile anime del gioco, pulito e piacevole, ben si collega al tono farsesco della narrazione, che è assieme uno dei punti di forza e debolezza del gioco. Nonostante il protagonista Naruhodo si districhi tra crimini efferati e tragedie personali, i dialoghi sono pronti in qualunque momento a stemperare il dramma della storia con scenette grottesche al limite dell’assurdo, che potranno solleticare il vostro senso dell’umorismo tanto quanto ucciderlo sul colpo.
UN GIALLO IN SALSA ANIME
In un’atmosfera alla Detective Conan che incontra i gialli per ragazzi di Agatha Christie, il gameplay vi spinge a prestare attenzione a ogni dialogo ed esposizione al fine di rendere i vostri interventi cruciali per la risoluzione del caso. Lo schema si inceppa nel momento in cui le vostre deduzioni logiche non incontrano l’unica risposta che il gioco accetta per proseguire nella storia, costringendovi spesso ad assistere a frustranti ripetizioni di dialoghi pieni di istruzioni che non forniscono alcuna nuova informazione per districarvi dal pantano in cui vi siete infilati. Nei casi più estremi, la funzione Story Mode interviene non solo a fornirvi la risposta, ma anche a permettervi di godervi comodamente la risoluzione dell’intero caso come se vi trovaste davanti alla puntata di una serie tv.
In quest’ottica, The Great Ace Attorney Chronicles non è pensato per gli appassionati smaliziati di gialli, polizieschi o legal drama, che oltre a percepire il ritmo della narrazione come poco incalzante (le singole avventure potrebbero concludersi in un terzo del tempo), non potranno esimersi dal fare le pulci agli aspetti tecnici delle indagini e dei processi, che ai loro occhi esperti risulteranno pieni di errori clamorosi. Per difendersi, il gioco sembra mettere le mani avanti dichiarando fin da principio che la narrazione è ambientata agli albori del moderno sistema legale giudiziario, un momento in cui le regole erano ancora in costruzione. Si tratta tuttavia di una giustificazione che viene presto abbandonata in favore di una spettacolarizzazione del procedimento legale che favorisce i colpi di scena a scapito della verosimiglianza, rendendo chiaro il target del prodotto. Insomma, The Great Ace Attorney Chronicles è pensato per un pubblico di ragazzi o appassionati di anime che apprezzeranno proprio tutto ciò che infastidirà gli altri: i dialoghi teatrali, i comportamenti melodrammatici, l’umorismo che sfocia volutamente nel grottesco.

Durante le semplici “danze deduttive” tra Herlock Sholmes (!) e Ryunosuke Naruhodo si è chiamati a risolvere dei brevi puzzle punta e clicca.
Data l’ambientazione e il percorso del protagonista Naruhodo, si poteva fare di più. L’incontro tra Oriente e Occidente, con la smaccata deferenza nei confronti di quest’ultimo (che sa di deliziosa critica) poteva dare vita a una trama che approfondisse la società e le problematiche dell’epoca dal punto di vista giapponese. Invece la narrazione si limita a usare la ricca ambientazione storica per creare personaggi secondari macchiettistici che suscitano curiosità e non hanno possibilità di rimanere impressi nella testa del videogiocatore se non per le loro folli esuberanze. Come nota positiva, durante la localizzazione Capcom ha prestato grande attenzione nel rendere verosimili i dialetti e le espressioni idiomatiche in lingua inglese usate dai personaggi stranieri, al fine di rendere l’ambientazione il più curata possibile, a dispetto dei limiti della trama.
Per quanto riguarda i protagonisti, l’impronta nipponica è particolarmente evidente nel medio-man Naruhodo, che per permetterci di entrare da non esperti nelle indagini ha bisogno di consigli da chiunque, risultando assai meno geniale dei collaboratori che lo circondano (nonostante le sperticate lodi di cui viene ricoperto). Rimane l’impressione che la vera protagonista del gioco dovesse essere la competente Susato, che ci guida con rapidità ed efficienza nella comprensione di sistemi legali a lei stessa sconosciuti. Naturalmente il suo design suggerisce fin da principio che il suo ruolo sarà quello di mera spalla del protagonista. La sua etnia, inoltre, la salva dal destino che nel gioco spetta ad altre rappresentanti del sesso femminile – oltremodo elogiate per la loro avvenenza, ma sempre pronte a mostrare una seconda faccia. È il Giappone, bellezza.
Le caratteristiche che lo rendono un titolo perfetto per i giovani appassionati di anime e mistery novels potranno allontanare i videogiocatori più adulti, soprattutto se pretendono dall’intreccio serietà e realismo. Le singole avventure avrebbero funzionato di più se fossero state più snelle e meno ripetitive, ma forse – per chi apprezza il genere – la teatralità dilungata e insistita è un punto di forza.