In certi casi è meglio la DAD

Monark

Sviluppatore: Lancarse, FuRyu
Distributore: FurYu, NIS America
Formato: Digital+retail
Localizzazione: Inglese
Versione Testata: PS5
Ringraziamo il publisher per averci fornito una copia review

Dove posso acquistarlo?

Acquistando videogiochi attraverso questi canali sostieni GeekGamer.it e garantisci la qualità dei suoi contenuti senza alcun sovrapprezzo.

Gli “abiti del male” aristotelici, nella loro forma schematizzata e cristianizzata dei “sette vizi capitali”, godono di un rapporto privilegiato con le arti popolari: dalla pittura alla musica, passando soprattutto per la scrittura, queste antitesi speculari delle virtù dell’uomo sono state fonte d’ispirazione per la scrittura di grandi storie e personaggi, arrivando perfino ad essere rappresentate come personificazioni incarnate dei peccati rappresentati. Una tradizione, questa, che trascende le culture e prosegue ancora oggi nei media più disparati, basti pensare al successo del manga per ragazzi “The Seven Deadly Sins”. In verità, un po’ come succede per i segni zodiacali, le divinità mitologiche o i risultati dei test di Meyer-Briggs, i sette vizi capitali esercitano un’attrattiva così forte soprattutto in virtù della loro capacità di rappresentazione: chiunque di noi, con un minimo processo di autoanalisi, può identificarsi in modo particolare con uno dei peccati, facilitando così la creazione di un legame empatico con la propria rappresentazione.

L’ultimo videogioco (in ordine di tempo) a trasformare questo topos nella chiave di volta della propria struttura narrativa è Monark, jrpg ad ambientazione scolastica sviluppato da Lancarse e pubblicato da FuRyu in Giappone e NIS America in Occidente, forte di un team creativo d’eccezione formato dall’artista coreano So-Bin (disegnatore del manga Overlord) e dagli sceneggiatori responsabili di un mostro sacro quale è Shin Megami Tensei (e Shin Megami Tensei If…), largamente considerato uno dei capostipiti del genere.

Di nuovo in classe

Con un preambolo narrativo che nella narrativa ludica giapponese è l’equivalente di “C’era una volta…”, il sipario di Monark si spalanca su uno studente delle scuole superiori canuto (non per antico pelo, ma per questioni di design) e dagli “occhi di bragia” rosso sangue, vestito con un’uniforme scolastica dal taglio piuttosto alla moda. Il ragazzo, neanche a dirlo, è ovviamente vittima di amnesia e non ricorda assolutamente nulla degli eventi precedenti al suo ritorno al mondo dei coscienti, nemmeno il suo nome – che come da tradizione per gran parte degli RPG del genere è lasciato alla discrezione del giocatore. A rendere ancora più profonda la sensazione che l’innominato protagonista sia un mero “avatar” a cui sovrapporci completamente è anche la scelta di iniziare in medias res, in una scena onirica ove la preside della Shin Mikado Academy sottopone il giovanotto (e di conseguenza anche noi) a un test psicologico composto da quindici domande a risposta multipla finalizzato a valutare l’ego e inquadrare il nostro “io” in relazione ai sette peccati capitali, generando perfino un grafico a torta con tanto di punteggio in Lussuria, Ira e compagnia cantante.

Una volta esaurito questo curioso divertissement, però, la trama si affretta a tornare di corsa nel sentiero ben tracciato, facendo risvegliare lo smemorato studente in un anonimo corridoio scolastico invaso dalla nebbia. In suo soccorso sono giunti il medico della scuola, l’ex presidentessa del consiglio scolastico e una ragazzina del primo anno che dichiara di essere sua sorella minore. Il team di soccorso si alterna nello snocciolare le informazioni basilari del world building mentre la situazione si aggrava sempre di più: un bel giorno la nebbia ha avvolto tutto l’istituto, rendendo folle chiunque osasse avventurarcisi troppo a lungo; in alcuni casi le persone perse nella bruma si sono ritrovate ad essere trasportate in un’altra dimensione dove mostri terrificanti le hanno attaccate. Ovviamente non ci vuole troppo tempo prima che accada lo stesso anche all’improbabile squadra di recupero e una volta caduta nelle grinfie dei mostri tutto sembrerebbe perduto finché… una mascotte dall’aspetto “busukawaii” (intraducibile termine giapponese che significa più o meno “bruttamente bello”) si rivela al nostro eroe con una serie di versi in rima. Il nome della mascotte è Vanitas, un Monark “speciale” associato al peccato dell’Orgoglio, e il protagonista è il suo pactbearer prescelto: un “campione” del peccato in grado di avventurarsi nella nebbia e, sconfiggendo i demoni e i monarchi degli altri peccati capitali, liberare la scuola dalla maledizione che grava su di essa.

Per rendere possibile l’impresa, oltre alla migliorata resistenza agli influssi malefici del miasma, Vanitas offre al giocatore una serie di strumenti che si riflettono in modo diretto sul gameplay. In primis, abbiamo la possibilità di evocare e comandare dei “fiends” tutti nostri, ovvero una versione amichevole dell’unico modello di nemico che incontreremo per tutto il gioco (ad eccezione dei boss), vale a dire scheletri antropomorfi che si differenziano l’uno dall’altro solo per gli accessori equipaggiati e la forma del viso o dei capelli. In secondo luogo, possiamo contare sull’Imagigear – una speciale armatura nata dall’Ego del pactbearer che lo rende in grado di affrontare ad armi pari i mostri nemici. Avventurarsi nelle sezioni della scuola avvolte nella foschia significa affrontare degli incontri ravvicinati con gli “unsettled”, cioè gli studenti “disturbati” resi folli dalla nebbia, e a peggiorare le cose si mette anche la possibilità di ricevere sul proprio smartphone chiamate inaspettate nel bel mezzo dell’esplorazione, rischiando di attirare l’attenzione degli studenti con conseguente aumento vertiginoso della “barra della follia”, un contatore in perenne ascesa che una volta giunto al 100% può portare al game over istantaneo (una meccanica familiare a chiunque abbia giocato lo sfortunato Breath of Fire Dragon Quarter ai tempi della PlayStation 2).

“Chi è quel Monark che sbatte la porta…”

Queste meccaniche a metà strada tra il jrpg e l’horror scolastico, con atmosfere lugubri vicine a quelle di Corpse Party, perdono tutto il loro mordente una volta che si comprende il loop di gameplay che si ripete dall’inizio alla fine del gioco: ogni volta che si entra in una nuova area Vanitas offre al giocatore la possibilità di telefonare a un numero speciale e neutralizzare anticipatamente le cosiddette “death call” con una battaglia preventiva. A questo scontro segue una rapida esplorazione delle aule (sempre inquietanti, ma ora inoffensive in quanto gli unsettled non attaccano mai in assenza del trillo del telefono) e la risoluzione di alcuni enigmi (che oscillano liberamente tra l’eccessivamente semplice e il geniale) prima di raggiungere l’obiettivo che, dopo un secondo scontro, permette di bonificare l’area nebbiosa. Ogni tre ripetizioni di questo loop ci si ritrova ad affrontare un boss (generalmente il pactbearer di altri Monark), si assiste all’avanzamento della trama (solitamente accompagnato da rivelazioni scioccanti riguardo il passato e le motivazioni del nemico appena sconfitto o dei propri compagni di squadra) e ci si sposta verso un altro edificio, ripetendo lo stesso ciclo davvero troppe volte prima che il gioco entri nel “vivo” con una fase finale più incisiva.

A compensare almeno in parte le tante carenze che piagano Monark sono i dettagli: l’attenzione messa nel creare centinaia di profili consultabili per ogni allievo dell’istituto scolastico con cui si ha l’occasione di parlare e che in più di un’occasione si riveleranno elementi chiave nella risoluzione degli enigmi; la quantità di test psicologici a cui si ha l’occasione di rispondere, con tanto di “psicanalisi light” alla fine di ognuno; la caratterizzazione e il bel character design degli altri pactbearer (sia alleati che nemici, che però si traduce in orribili modelli poligonali degni di un gioco low budget di tre generazioni fa); o ancora, su tutti, un battle system che associa una grande libertà di movimento a una suddivisione delle azioni rigorosamente a turni, reso divertente da un particolare focus sulle abilità di buff, debuff e sullo sfruttamento di mosse che colpiscono intere aree e la possibilità di “cedere il turno” di un personaggio all’altro, dando così vita a scontri dove una mente strategica può ribaltare completamente le sorti di una battaglia apparentemente già persa. Purtroppo Monark riesce a nascondere il baco perfino nei suoi punti di forza, ed è così che un sistema di battaglia creativo come quello sopra descritto rimane profondamente sottoutilizzato, con pochissimi scontri principali “ragionati” seguiti da una moltitudine di battaglie riempitive richiamabili dal giocatore direttamente in infermeria per “grindare” esperienza, livelli ed equipaggiamenti. Anche il sistema di sviluppo dei personaggi, basato su una specie di sferografia in cui ogni blocco fa guadagnare un livello e un’abilità, premia l’allocazione della propria esperienza in più slot a basso costo possibile – premiando i giocatori che accumulano livelli con statistiche bonus e penalizzando, invece, chi spende più punti XP per comprare una singola abilità strategicamente rilevante.

giallo

Nonostante una trama interessante e matura, specialmente nelle fasi conclusive, Monark è un insieme di elementi profondamente carenti se presi in esame singolarmente e che una volta uniti diventano un prodotto che è davvero difficile da consigliare a prezzo pieno, anche agli irriducibili appassionati del genere. In caso di sconti notevoli, però, potrebbe valere il biglietto di ingresso, specialmente per chi adora i banchi di scuola, i nostalgici di Shin Megami Tensei o chiunque cerchi un jrpg dalla trama “a tinte forti”.

La seconda opinione

Monark fa parte di quel filone produttivo giapponese che sembra voler fare il verso ad Atlus e ai suoi brand di maggiore successo. Naturalmente, nascendo come dichiarata copia-carbone, l’ultima opera di Lancarse non può fare altro che seguire un tracciato lasciato da terzi, portando con sé solamente un paio di idee interessanti colpevolmente espresse nel modo più semplicistico possibile. Concettualmente Monark poteva essere un’interessante risposta a Persona – e soprattutto a Shin Megami Tensei If…. -, ma nella pratica si è dimostrato il tipico videogioco da cestone dell’Iper di cui si ricorderanno solamente gli appassionati in cerca di nuovi motivi di vanto: “E tu in quanti turni sei riuscito a sconfiggere il boss finale, mh?”

Majkol “Zaru” Robuschi

Voto: 5.5

Good

  • Bel character design e art direction.
  • La scrittura ha spunti interessanti e ottima atmosfera.
  • Il sistema di combattimento premia la strategia.

Bad

  • Comparto grafica anteguerra.
  • La trama tarda tantissimo a perdere il ritmo.
  • Pessimo bilanciamento tra grind e progresso naturale.
6

A differenza degli altri mammiferi, non è capace di mantenere la temperatura corporea costante: a causa di questa caratteristica, che lo rende simile ai rettili, il recensore vive tra console accese e schede video surriscaldate per tutto l'anno. La sua caratteristica lentezza lo rende la preda perfetta per il Caporedattore Horribilis. Abbandona il suo nido di cavi e controller solo occasionalmente, per nutrirsi e leggere e scrivere storie di fantascienza.