
Gleylancer
Sviluppatore: Masaya/Shinyden
Distributore: Ratalaika
Formato: Digital
Localizzazione: Inglese
Versione Testata: PS5
Ringraziamo il publisher per averci fornito una copia review
Qualsiasi giocatore di vecchia data che, suo malgrado, inizi a mostrare più di una sparuta manciata di capelli canuti sul capo sa bene che i moderni battibecchi tra proprietari di console Sony, Nintendo e Microsoft non sono che un’ombra sbiadita rispetto alle feroci console war d’antan. Tra le tante frecce all’arco degli inferociti nintendari, una delle più temibili era l’esclusività di Super R-Type, leggendario sparatutto a scorrimento che univa un gameplay frenetico a base di option (add on che modificano e ampliano le capacità offensive della navetta pilotata dal giocatore) a una grafica inconfondibile, basata su un mix di elementi organici e meccanici degno di H.R. Giger. Nel tentativo di lenire le pene dei possessori di Sega Genesis (da noi Mega Drive), Masaya – una software house sussidiaria di NCS nota anche per lo sviluppo degli apprezzati giochi della serie Langrisser – si è cimentata nella creazione di una propria versione di sparatutto orizzontale. Se è vero che l’imitazione è la più sincera della adulazioni, Gleylancer, così come gran parte degli sparatutto a scorrimento di quegli anni, tesse grandi lodi per la sua fonte d’ispirazione.
Inizialmente pubblicato nel 1992 solo in Giappone ed esclusivamente per Sega Genesis, Gleylancer ha vissuto una seconda giovinezza con la re-release su Virtual Console per Wii nel 2008 e una terza, oggi, con questa edizione adattata, riveduta e ammodernata ad opera di Shinyden e pubblicata da Ratalaika, prolificissimo publisher di titoli indie e mid range.
SE DALLO SPAZIO ARRIVERÀ…
L’anno è il 2025, e un’umanità illuminata e unita sotto l’egida della Federazione Terrestre si trova a fronteggiare un nuovo problema: dallo spazio profondo, senza ragione apparente, alieni sconosciuti decidono di iniziare una guerra senza quartiere contro la popolazione terrestre. A fare da pretesto narrativo, per quanto flebile, è il rapimento di Ken, ammiraglio della Federazione e padre di Lucia, protagonista e cadetta pilota che non esita un istante a rubare la navetta prototipo CSH-01-XA “Gley Lancer” e lanciarsi in una disperata missione di salvataggio. Una volta terminato il prologo narrativo, presentato tramite una breve ma gradevole serie di tavole disegnate in stile anime con design che strizzano l’occhio a produzioni come Gundam e Gunbuster, Gleylancer mostra immediatamente le proprie carte mettendo il giocatore di fronte alla scelta del comportamento del principale gimmick del gioco, i “gunner”.
Selezionare una modalità di movimento per le due torrette bonus era senza dubbio la decisione più importante dell’intero gioco del 1992. Scegliere di orientare le navette opzionali nella stessa direzione di quella principale garantiva maggior potenza di fuoco, ma obbligava il giocatore a manovrare costantemente per guardarsi le spalle, scegliere la modalità “reverse” divideva la potenza di fuoco, mentre le scelte più ortodosse come “search” e “roll”, rispettivamente una modalità di mira automatica e di rotazione orbitale attorno al giocatore, spesso si rivelavano più confusionarie che utili, soprattutto con sette differenti armamenti possibili che cambiano radicalmente le modalità d’attacco dei gunner.
Bastano pochi minuti di gioco vero e proprio e di sperimentazione, però, prima di rendercisi conto che in questa versione “riveduta” di Gleylancer questa scelta è diventata assolutamente superflua, in quanto il controllo della direzione di fuoco delle navette opzionali viene automaticamente affidato alla levetta analogica destra, trasformando di fatto il gioco in un cosiddetto “twin stick shooter” – decisamente più divertente, immediato e meno frustrante della sua controparte originale.
A rendere ancora più accessibile quella che ai suoi tempi era una vera e propria ordalia di nemici incessanti su schermi è l’aggiunta di un sistema di save-state e una funzione di riavvolgimento del tempo, affidata alla semplice pressione di un tasto, in grado di tirare fuori anche il più inetto dei giocatori dalle situazioni più spinose – permettendo di fatto di ripetere all’infinito qualsiasi sezione e annullare qualsiasi errore, al costo di banalizzare la difficoltà e l’esperienza di gioco.
Distribuito su undici livelli in grandissima parte lineari e basati unicamente sull’incessante riproposizione di nemici sempre pronti a far fuoco – fanno eccezione uno stage labirintico basato in gran parte sull’utilizzo del gunner bound-shot e un altro basato sulla distruzione di blocchi di ghiaccio e materiale organico – Gleylancer si distingue più per le scelte estetiche che per il design dei livelli, puntando tutte le sue fiches su fondali evocativi e design dei boss che spaziano dal grottesco al cool senza mai tradursi in scelte di gameplay particolarmente riuscite o azzardate.
A conferire una notevole marcia in più al gioco è la provvidenziale aggiunta di un menu che a una prima occhiata potrebbe passare facilmente inosservato, quello delle opzioni video: alle canoniche possibilità di scelta tra la modalità grafica originale, estesa o in full screen questa riedizione del gioco aggiunge una modalità “shader” che permette di ricreare su schermi moderni l’effetto delle scanline dei vecchi schermi a tubo catodico, permettendo al giocatore di scegliere la densità dei pixel, la gamma e perfino l’oscurazione degli angoli dello schermo. A conti fatti, una volta impostate a puntino tutte le opzioni messe a disposizione dallo shader, quello che in modalità “liscia” è uno sparatutto invecchiato male diventa invece un gioiellino in grado di riportare alla mente le ore passate di fronte a un tubo catodico con i mano un controller del Sega Mega Drive, e restituendo al comparto grafico tutta quella magia che i freddi e squadrati pixel “perfetti” degli schermi moderni hanno rubato ai giochi retro.
Un ultimo commento, sempre sulle note della nostalgia, riguardo il comparto sonoro: gli elementi audio sono ancora oggi gli stessi generati dal chipset del Mega Drive, nel bene e nel male, con tutte quelle sonorità “metalliche” che distinguevano le colonne sonore dei giochi Sega da quelle più armoniose dei giochi Nintendo e che ben si sposano con i brani a cavallo tra il Progressive Rock e l’EDM che accompagnano l’ora necessaria a portare a termine Gleylancer.
L’operazione nostalgia messa in atto da Gleylancer non è dissimile da quanto fatto ultimamente con tanto grandi classici della storia shoot’em up e riesce senza dubbio a centrare il bersaglio nel cuore dei più anzianotti nostalgici del retrogaming, in particolar modo grazie alla cura dedicata alla modalità video ad hoc e ai vari miglioramenti all’accessibilità del gioco. Al di fuori di una ristretta nicchia di appassionati, però, l’attrattiva è certamente molto limitata.