La "J" sta per Jeuropean

Edge of Eternity

Sviluppatore: Midgar Studio
Distributore: Dear Villagers
Formato: Digital+Retail
Localizzazione: Inglese
Versione Testata: PS5
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Humble Bundle

L’acronimo “JRPG” è formato dalle iniziali di “Japanese Role Playing Game” e nasce per descrivere con un unico termine la prolifica e fortunata branca di giochi di ruolo del Sol Levante, una “casata cadetta” dell’RPG che pur affondando le proprie radici nel fertile suolo di Dungeons&Dragons e Wizardry ha sviluppato col tempo una fortissima identità personale.
Nonostante la presenza di un identificativo geografico nella sigla stessa, però, a oltre trent’anni di distanza dai primi titoli del genere, l’eredità e risonanza culturale dei maggiori titoli è tale che è diventato più che lecito chiedersi se tutti i Jrpg debbano nascere in Giappone. E, allo stesso tempo, se tutti i giochi di ruolo prodotti in Giappone facciano effettivamente parte del filone.
Secondo Midgar Studio, piccolo ma determinato team di sviluppo indie con base in Francia, la “J” nella sigla rappresenta più una filosofia di produzione che un banale certificato di provenienza e hanno deciso di dimostrarlo imbarcandosi in un’impresa di proporzioni titaniche: sviluppare il proprio “jrpg” in salsa europea contando su uno smisurato amore per il genere e sul contributo popolare ottenuto tramite campagna Kickstarter (lanciata nel lontano 2013).

A differenza di innumerevoli progetti di simile ambizione che con il tempo sono sfumati e si son risolti in piccole o grandi truffe, Midgar Studio ha dato prova quantomeno di notevole costanza e determinazione: anche grazie al supporto del publisher Dear Villagers, Edge of Eternity ha finalmente lasciato una lunga fase in early access per vedere la luce su tutte le console last e next gen oltre che su PC, MacOS e perfino Linux nella sua forma completa giocabile dall’inizio alla fine.

Odissea nello spazio

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana – o meglio sul pianeta di Heryon – tre grandi regni governano in armonia grazie allo sfruttamento del potere dei cristalli, almeno fino a quando una flotta di astronavi aliene non appare nel cielo. I misteriosi quanto tecnologicamente avanzati visitatori spaziali, gli Archeliti, offrono ai nativi armi e strumenti tecnologici al di là di ogni immaginazione, chiedendo in cambio solo del cibo e del terreno dove stabilire le proprie basi. È solo quando gli invasori gettano la maschera, cercando di ottenere il sacro potere dei cristalli tanto caro agli abitanti di Heryon, che ha inizio una ferocissima “guerra dei mondi”. Dato il dislivello tecnologico sarebbe lecito aspettarsi una guerra lampo quasi a senso unico, ma grazie al potere dei cristalli e alla formazione di una forza militare nota come “il Consorzio” gli abitanti di Heryon riescono a respingere l’assalto e costringere gli Archeliti a ritirarsi nelle proprie navi, ora trasformate in fortezze d’acciaio improvvisate. Gli invasori alieni però – è risaputo – sono tanto pessimi ospiti quanto cattivi perdenti, e una volta messi alle strette decidono di sfoderare un’arma segreta: una piaga chiamata Corrosione che trasforma le carni delle persone in un abominio a metà strada tra il biologico e il meccanico, fino a prendere completamente il controllo del infettato.

Il protagonista del gioco, l’imbronciato Daryon, è solo uno dei tanti soldati mandati al fronte dal Consorzio, e la sua “grande avventura” (almeno dal punto di vista di noi giocatori) comincia quando riceve notizia che sua madre è stata infettata dalla Corrosione. Dopo essere sopravvissuto al tentativo di sacrificio della sua intera squadra in un rituale chiamato Ascensione, Daryon decide di mettere la sua targhetta sul corpo di un compagno caduto e disertare, partendo insieme a sua sorella Selene alla ricerca di una cura.

Se l’intreccio potrebbe apparirvi come un raffazzonato coacervo di tutti i tropi che hanno contraddistinto la produzione dei giochi di ruolo giapponesi degli ultimi vent’anni, beh, è difficile darvi torto. Pur volendo essere generosi, Edge of Eternity risulta derivativo in quasi ogni sua componente, a partire dalla caratterizzazione dei personaggi – Daryon in particolar modo è una summa di tutti i protagonisti di Final Fantasy dal 7 al 15 – fino allo sviluppo e risoluzione dei nodi di trama, che sono talmente tanti e sbrigativi da sembrare più interessati a rispettare una checklist piuttosto che un vero e proprio intreccio narrativo.

A controbilanciare la mancanza di originalità della scrittura, però, ci pensa un battle system creativo e intelligente, che pur essendo fermamente basato sui turni e sull’ormai immancabile barra ATB, integra al classico sistema di attacchi, skill e magie una modalità di movimento basata su una griglia esagonale generata sul posto ogni qualvolta si inizi uno scontro toccando uno dei tanti nemici presenti sulla mappa. Il funzionamento della griglia, non dissimile da quanto visto in numerosissimi giochi di ruolo tattici (o nello sfortunato Enchanted Arms di From Software), permette ai giocatori di raggruppare o disperdere le forze in campo, sfruttando vantaggi del terreno (come la presenza di armi d’assedio o grossi cristalli che donano buff o debuff alle unità vicine) e quelli relativi al posizionamento, con attacchi alle spalle in grado di apportare danni devastanti.

In perfetta sinergia con questi meccanismi ludici, poi, vi è un sistema di sviluppo delle abilità dei personaggi basato su sistemi sovrapposti. Il livello del personaggio, accresciuto accumulando punti esperienza dai nemici sconfitti, conta fino a un certo punto; è infatti altrettanto importante craftare armi avanzate, spesso dotate di abilità uniche, e soprattutto incastonare ed evolvere i “cristalli” da inserire nei castoni dell’arma per ottenere maggiori statistiche e preziosissime abilità elementali per mirare alle debolezze dei nemici.

Per rendere più digeribile la quantità smodata di parametri da tenere a mente, il sistema di battaglia è stato reso piuttosto semplice e incita il giocatore a sfruttare appieno tutto il potenziale dei personaggi, restituendo HP e MP degli stessi alla fine di ogni battaglia. La difficoltà degli scontri, regolabile tramite un apposito selettore, non è mai frustrante se non negli scontri finali, e il grind non è mai percepito come necessario anche grazie alla presenza di un sistema opzionale di “level scaling” attivabile dalle opzioni.

D’arborea vita vivente

Ciò che rappresenta al meglio, anche in forma visiva, la sovrabbondanza del titoli di Midgar Studio è l’esuberanza della natura del pianeta di Heryon. Dopo un prologo piuttosto ristretto e limitato ai binari di un monte innevato, l’avventura di Daryon e compagnia si apre su una moltitudine di vaste piane liberamente esplorabili (pensate agli scenari di Dragon Quest 8, Final Fantasy XII o a una moltitudine di Gran Pulse di Final Fantasy XIII), piene fino all’orlo delle tre grandi F dei JRPG: flora, fauna e forzieri. Nel portare su schermo questi immensi panorami alieni fatti di piante luminose ed enormi strutture di cristallo all’orizzonte, il motore grafico di Edge of Eternity compie veri e propri miracoli, regalando ai giocatori momenti di grande suggestione. Il focus sull’elemento naturalistico è reso ancora più evidente dall’integrazione con il gameplay: in ogni villaggio e città visitata sono presenti decine di quest secondarie, in gran parte associate a un “tabellone dei lavori”, pensate per spedire i nostri eroi a esplorare la mappa in lungo e in largo per completare compiti spesso noiosi e ripetitivi – la maggior parte delle quest secondarie consistono nell’uccidere un tot di nemici di un certo tipo, aprire un certo numero di forzieri o recuperare risorse – che però non mancheranno di esercitare una grande attrattiva verso un certo tipo di giocatore amante del grinding.

La grande cura riposta nella creazione degli ambienti esplorabili, però, arriva persino a stridere con la sciattezza e arretratezza dei modelli poligonali dei personaggi, che sembrano appartenere a un paio di generazioni videoludiche passate. Specialmente nelle fasi finali del gioco, presumibilmente le ultime a essere sviluppate, gli scarni modelli dei protagonisti si trovano a combattere boss dal design decisamente più articolato, con un effetto di straniamento che sarebbe stato risolvibile con piccoli accorgimenti di redesign che rendessero più coerente la direzione artistica dell’intero titolo.

Sul comparto sonoro, che gode della partecipazione di Yasunori Mitsuda (già compositore delle OST di mostri sacri quali Chrono Trigger, Xenogear e Chrono Cross) non c’è tanto da discutere: l’accompagnamento è piacevole e azzeccato e rappresenta appieno le due anime, una bucolica e una tecnologica, che contraddistinguono l’intera opera. Sempre in tema con la dualità dell’opera anche il doppiaggio, disponibile sia in inglese che in giapponese, più convincente e dinamico nella lingua del paese del Sol Levante ma comunque sufficientemente competente anche nella prima opzione.

giallo

Edge of Eternity pecca d’ambizione e tende ad accumulare troppa roba sul piatto senza preoccuparsi abbastanza della qualità delle singole portate. Nonostante questa disconnessione eccessiva riverberi in ogni singolo aspetto dell’opera, dall’intreccio che giunge alla conclusione con troppi fili lasciati laschi a scelte estetiche quantomeno discutibili, è difficile non provare nemmeno un po’ di ammirazione per la titanica mole di lavoro svolta da un piccolo studio francese animato soprattutto da un grande amore per il genere.

Good

  • Il mondo di gioco, bello e vibrante.
  • I Nekaroo, un po' Chocobo un po' gatti giganti.
  • Il sistema di combattimento.

Bad

  • I modelli poligonali.
  • La trama mette troppa carne sul fuoco.
  • Derivativo fin dentro le ossa.
7

A differenza degli altri mammiferi, non è capace di mantenere la temperatura corporea costante: a causa di questa caratteristica, che lo rende simile ai rettili, il recensore vive tra console accese e schede video surriscaldate per tutto l'anno. La sua caratteristica lentezza lo rende la preda perfetta per il Caporedattore Horribilis. Abbandona il suo nido di cavi e controller solo occasionalmente, per nutrirsi e leggere e scrivere storie di fantascienza.