Parlare di “Tom” Itagaki non è proprio semplicissimo. Mi limito a dire che è stato per molti anni il volto di riferimento di serie Koei Tecmo (all’epoca dei fatti, Tecmo) come Dead or Alive e Ninja Gaiden, e che prima ancora che Hideki Kamiya facesse il suo debutto sui social come testa calda del game design dagli occhi a mandorla, solamente il nostro Tomonobu-san e la sua lunga chioma ribelle regnavano incontrastati nell’olimpo delle “personalità” dell’industria videoludica orientale.
Dopo il distacco con Tecmo, Itagaki si dedicò alla formazione di un proprio team di sviluppo in grado di poter rivaleggiare con le nuove iterazioni delle sue stesse creature. L’annuncio di un nuovo videogioco d’azione truculento e “pulp” firmato proprio dal nostro rocker del game design fece sognare per anni gli appassionato della serie Ninja Gaiden, da tempo in attesa di un degno successore del primo iconico episodio. Devil’s Third apparve per la prima volta in un trailer in cui lame insanguinate e azioni iperboliche sembravano fare ciao ciao con la manina a quel Ninja Gaiden 3 che non riuscì a convincere davvero nessuno, e malgrado l’etichetta THQ era chiaro che lo spirito della produzione era fortemente ancorato a quelle vibrazioni da film splatter giapponese a cui solo Noboru Iguchi ci aveva fino a quel momento abituato nei suoi film. E che film…dateci un’occhiata!
Uno shinobi e la sua fiaschetta di vodka

Il modello di mira in prima persona è legnoso e incapace di restituire in alcun modo la pesantezza dell’arma utilizzata.
Come sappiamo il destino è stato davvero duro con il publisher americano, ma quel che importa a noi e che al fallimento di THQ si affiancò il destino incerto del progetto degli ex-Tecmo. Per diverso tempo i componenti di Valhalla Game Studio rimasero nell’ombra a lavorare sul proprio progetto in cerca di qualcuno che potesse produrlo. Quando Nintendo annunciò in pompa magna in un Nintendo Direct la pubblicazione in esclusiva di Devil’s Third su Wii U si accese a molti una lampadina sulla testa: un titolo come quello era effettivamente assente dalla line up della nuova nata Nintendo, con l’esclusione di Ninja Gaiden 3, e sicuramente i toni violenti della narrazione e le tematiche adulte avrebbero fatto la felicità di chi si lamentava da tempo della scarsa varietà del catalogo della console. Il problema si manifestò prepotente quando furono mostrati i primi footage di quella che era la versione Wii U del gioco, chiaramente ancora in sviluppo e per nulla promettente sotto il profilo tecnico. Dopotutto Devil’s Third doveva arrivare su PlayStation 3 e Xbox 360 circa 3 anni fa, ma anche rispettando la tabella di marcia inizialmente stabilita il risultato che oggi possiamo testare sulle nostre console Nintendo sarebbe comunque stato giudicato mediocre.
Il problema è che l’avventura di Ivan, improbabile ex-terrorista russo con la passione per gli strumenti musicali costosi e l’arte del bushido, appartiene senza alcuna possibilità di appello a quel particolare genere videoludico di “serie B” che fatico a vedere nelle corde di un parco titoli come quello di Nintendo. Non me ne vogliate, ma da sempre la casa di Kyoto mi assicura videogiochi formalmente eccellenti, esenti da bug e altre diavolerie ormai all’ordine del giorno in qualsiasi altro prodotto per console di nuova generazione. Il famoso “marchio di qualità” che solo la casa di Super Mario ha saputo rispettare in tutti questi anni di lavoro nell’industria e che solamente in pochissime occasioni recenti è stato disatteso. Perché allora mi sembra di giocare ad un brutto clone di Wet, titolo PS3 e Xbox 360 di Bethesda non particolarmente brillante già di suo?
Telenovelas mal sceneggiate e slow motion involontario
La risposta è sicuramente insita in tutta quella serie di caratteristiche che non fanno altro che fare supporre un processo di sviluppo tormentato. Nella breve campagna single player ho fatto la conoscenza di un sacco di nemici che non vedevano l’ora di essere fatti a fettine dalla mia katana, che aspettavano pazientemente di essere sminuzzati mentre mi occupavo di un loro collega, o che ancora rimanevano a testa alta mentre, da dietro una copertura a cui mi ero automaticamente “appiccicato”, miravo alle loro tempie. La mancanza di una qualsivoglia caratteristica che mi spronasse a dare il meglio di me sul campo di battaglia, come un contatore combo o un giudizio sulla falsariga dei titoli Platinum Games, ha finito per avvilirmi e farmi riflettere sull’importanza di un obiettivo “breve” da dare in pasto a chi, il tempo col joypad in mano da passare col gioco, lo paga a prezzo pieno.
Giusto i collezionabili da rintracciare nelle ambientazioni che fanno da sfondo ai nove livelli di gioco hanno saputo tenere alta la mia attenzione mentre provavo le due mosse in croce dedicate ad ogni arma da mischia, ma mai come oggi mi sono trovato deluso di fronte ad un titolo del mio amato game designer ribelle. Ciò non toglie che, sulla carta, il sistema di gioco possa funzionare, e che in alcune sequenze io mi sia ritrovato effettivamente divertito dalla risoluzione di alcune situazioni, ma se l’anonimo Ivan non è riuscito a convincermi nemmeno arrivato ai titoli di coda, allora anche i problemi tecnici finiscono per pesare sul mio già scarso entusiasmo. La risposta è sicuramente insita in tutta quella serie di caratteristiche che non fanno altro che fare supporre un processo di sviluppo tormentato. Nella breve campagna single player ho fatto la conoscenza di un sacco di nemici che non vedevano l’ora di essere fatti a fettine dalla mia katana, che aspettavano pazientemente di essere sminuzzati mentre mi occupavo di un loro collega, o che ancora rimanevano a testa alta mentre, da dietro una copertura a cui mi ero automaticamente “appiccicato”, miravo alle loro tempie. La mancanza di una qualsivoglia caratteristica che mi spronasse a dare il meglio di me sul campo di battaglia, come un contatore combo o un giudizio sulla falsariga dei titoli Platinum Games, ha finito per avvilirmi e farmi riflettere sull’importanza di un obiettivo “breve” da dare in pasto a chi, il tempo col joypad in mano da passare col gioco, lo paga a prezzo pieno.

La narrazione è assolutamente inconsistente. E quando avrete assistito ai titoli di coda capirete il motivo di questa gif animata.
Sono sicuro che la modalità multigiocatore saprà rendere giustizia al concept di gioco, avvicinandosi potenzialmente al delirante trailer con cui il titolo venne presentato al grande pubblico, ma la mia è una speranza amara, specie quando la campagna single player mi ha mostrato tutti i limiti del sistema di controllo, della scarsa differenziazione dell’uso delle armi (virtualmente identiche) e di un comparto tecnico che pur difendendo il colpo d’occhio quando si è fermi, finisce inesorabilmente per perdere ogni minima credibilità sotto un counter FPS quasi sempre vicino all’improbabile soglia di 20 frame per secondo. E sì, stiamo parlando di un gioco d’azione dove lo scatto fulmineo e i riflessi dovrebbero essere messi alla prova da una fluidità dell’azione assicurata. Quel che credo fermamente è che da un titolo simile non si dovesse pretendere un dettaglio stellare, ma almeno un’azione fluida e ancorata a 60 FPS che testimoniasse l’attenzione per il gameplay, il sistema di combattimento e tutto quello che rende Devil’s Third un *gioco*. E invece nulla, anzi, bisogna anche fare i conti con tutto il resto, e allora mi fermo e mi chiedo “Cosa ho fatto di male, Tom, per far sì che ti arrabbiassi e mi consegnassi un titolo simile fra le mani?”. Poi ci penso e mi rendo conto che forse il cattivo non sono io.
Sviluppatore: Valhalla Game Studios
Publisher: Nintendo
Genere: Sparatutto in terza persona/Azione
Disponibile: Retail + Digital
PEGI: 18+
Lingua: Inglese
Sito Ufficiale
Contenuti
- Coinvolgimento
- Narrazione
- Interazione
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Spero non me ne voglia il papà di Ninja Gaiden e della serie Dead or Alive se tiro un sospiro di sollievo dopo essere arrivato alla fine della campagna single player di Devil’s Third. Sarei insincero se non ammettessi di essermi divertito ogni tanto, nonostante tutti i palesi problemi del titolo, ma dopo tanti di attesa e un curriculum come quello di Itagaki le mie aspettative erano ben alt(r)e.
Devil’s Third è il frutto di un parto tormentato, il risultato di diversi accadimenti sfortunati. Il cambiamento di publisher, la mancanza di fondi e una sfiducia generale da parte di pubblico e critica hanno fatto sì che il prodotto nascesse vecchio fin da principio; la modalità multiplayer si avvicina effettivamente a quanto promesso dal primo trailer sotto etichetta THQ, ma manca quella sicurezza nell’ottimizzazione tecnica e ludica che solo il marchio Tecmo poteva, evidentemente, assicurare ai prodotti firmati dall’iconico game designer. E se penso al suo messaggio finale riservato ai giocatori posto alla fine dei titoli di coda, mi viene da chiedermi se sia giusto che le cose siano andate a finire così.