
Devil May Cry HD Collection
Sviluppatore: Capcom
Publisher: Capcom
Genere: Avventura azione 3D
Disponibile: Digital+retail
PEGI: 18+
Lingua: Italiano
Versione Testata: PC
Ringraziamo il publisher per averci fornito una copia review
Negli ultimi anni Capcom ci ha riservato delle sorprese non sempre particolarmente gradite. Se nel giro di poco tempo abbiamo potuto ammirare sfilare sulla passerella delle sue pubblicazioni sia titoli interessanti che vere e proprie delusioni distillate e vendute in confezioni retail, talmente mal realizzate da risultare irrispettose anche della storia della compagnia di cui si fregiano sulla propria copertina, c’è un solo punto che normalmente accomuna tutte le pubblicazioni di questa etichetta: la scarsa qualità dei suoi remaster, quasi sempre considerabili alla stregua di meri porting. Ora, non voglio assolutamente lamentarmi del fatto che oggi su PlayStation 4 (e Xbox One) possiamo trovare tutti gli episodi di serie come Resident Evil, Mega Man o Street Fighter, ma è anche vero che tutte queste incarnazioni, cosiddette “definitive”, non sono quasi mai esenti da difetti.
Il caso della Devil may Cry HD Collection, qui recensita nella sua edizione PC, è quasi emblematico, poiché tecnicamente si tratta di una rimasterizzazione della… rimasterizzazione. Il prodotto in questione è infatti un porting dell’omonima riedizione pubblicata anni addietro su console di scorsa generazione, rinnovata solamente nel supporto ad una risoluzione 1080p. Su PC il discorso è un pochino differente, e mentre scrivo uno stuolo di appassionati è già all’opera per modificare a puntino i tre episodi della serie Devil may Cry grazie a mod (e soprattutto fix) che possano aprire nuove possibilità ai giocatori di tutto il mondo. Sicuramente delle tre edizioni lanciate qualche settimana addietro, quella “master race” è la più fortunata: con qualche semplice modifica è possibile renderizzare il gioco alle più disparate risoluzioni, ma il supporto ufficiale di Capcom sembra essersi limitato ad una patch correttiva che permetteva di lanciare i tre titoli inclusi nella collection anche su monitor con un refresh video superiore ai 60hz. Ma andiamo con ordine.
IT’S SHOWTIME (PIU’ O MENO)
Mi sembra doveroso lanciarsi in un rapido excursus per capire di cosa si sta parlando, poiché in questa sede non valuterò tanto la reale qualità dei tre videogiochi inclusi, ma porrò maggiormente l’accento sulla qualità di un porting che, ancora una volta, dimostra lo scarso interesse di Capcom per la valorizzazione delle sue IP storiche. La Devil May Cry HD Collection contiene i primi tre capitoli della serie Devil May Cry in quella che dovrebbe (al solito!) essere la loro edizione definitiva.
Il primo capitolo è un vero e proprio ritorno alle origini del genere “stylish action” voluto da Hideki Kamiya, autore anche della conturbante strega Bayonetta e delle sue avventure. Il titolo Capcom, sotto la sua direzione, inventò un genere videoludico che voleva che i giocatori non solo arrivassero alla fine dell’avventura senza lasciarci le penne, ma che imparassero di partita in partita a dare il meglio di sé, spronati da un sistema di valutazione che li ricompensava a seconda della loro performance con sonante valuta in-game, e quindi accedere a potenziamenti, mosse aggiuntive e oggetti di supporto. La nascita di Dante e della serie Devil May Cry è legata indissolubilmente al brand Resident Evil, e infatti il primo capitolo riesce a portare alla mente le atmosfere della saga survival horror grazie ad una serie di similutidini stilistiche e tecniche che si possono riconoscere anche oggi, nel prodotto completo. Kamiya, infatti, era anche uno dei volti principali dietro allo sviluppo di Resident Evil 2, ed è stato poi appurato che in fase di concezione, Devil may Cry nacque come terzo capitolo della saga survival horror.
In ogni caso al giorno d’oggi è impossibile chiudere un occhio sui difetti e le ingenuità in fase di game design che permangono nel capostipite della serie, e per quanto godibile, tornare a vestire i panni di quel Dante tormentato, ma strafottente, potrebbe risultare più un gesto dettato dalla nostalgia che dal reale appeal dell’opera in questione. Venne poi Devil May Cry 2, al cui timone non si trovò più il virtuoso Kamiya (con suo solenne sgomento) e il suo “Team Little Devils”, ma Hideaki Itsuno, già volto dietro la creazione di brand storici come Power Stone, Darkstalkers e Rival Schools; il cambiamento in fase di concezione fu tale da influenzare lo sviluppo di quello che, da molti, è ancora considerato uno dei passi falsi più clamorosi della storia dei videogiochi. Il secondo capitolo della saga vede infatti protagonisti un irriconoscibile Dante e un’anonima eroina di nome Lucia, intenti a farsi strada fra orde di demoni troppo facili da sconfiggere in ambientazioni sicuramente molto più grandi, ma altrettanto prive di carattere. Al di là di un paio di buone trovate (fra tutte, la possibilità di deputare un tasto alla schivata), la seconda iterazione del brand basato sul carisma e il fascino del platinato cacciatore di demoni è quindi del tutto ignorabile nell’ottica di una rivalutazione della serie, che venne fortunatamente rilanciata sulla cresta dell’onda, qualche anno più tardi, dal terzo episodio.
Ecco quel che da solo vale l’intero pacchetto: Devil May Cry 3: Dante’s Awakening – Special Edition è un gioco che ancora oggi vale la pena di giocare, studiare e fare proprio, in tutte le sue stratificazioni ludiche. Di Kamiya non si vide più nemmeno l’ombra durante il suo sviluppo, ma è chiaro che Itsuno, trovatosi nella scomoda posizione di autore di un fiasco commerciale e di critica, fosse più che intenzionato ad aggiustare il tiro di un franchise ormai legato alla sua firma. Ed è così che i punti forti del primo capitolo tornarono più smaglianti di prima, Dante venne riproposto in una veste quasi adolescenziale e ancora più sopra le righe, mentre il sistema di combattimento e il livello di sfida furono riscritti per offrire ai giocatori un titolo d’azione in grado di resistere allo scorrere del tempo. Non è infatti un segreto che questo sia considerato da molti estimatori della serie il capitolo migliore in assoluto, specie nella sua edizione “Special Edition” che include contenuti extra e opzioni che vanno ad aggiungere maggiore profondità ai meriti ludici del suo flessibilissimo sistema di combattimento.

Ad un certo punto qualcuno in quel di Capcom decise che si doveva creare una collaborazione col brand di moda Diesel per pubblicizzare la pubblicazione di Devil may Cry 2. E niente, fa già ridere così.
Una storia che dovrebbe finire bene, quindi? Beh, il pacchetto di contenuti è questo e in ottica di una ricerca storica di un brand come questo anche abbastanza ghiotto, ma la questione legata alla rimasterizzazione tecnica rimane piuttosto spinosa. Innanzitutto i tre videogiochi sono sì portati ad una risoluzione di 1080p (che su PC può essere modificata a piacimento agendo manualmente sul file di configurazione, con tanto di supporto a 4K e aspect ratio disparati), ma mancano di alcuni effetti grafici presenti su PS2, mentre gli assets utilizzati non hanno subito alcun tipo di modifica. Questo comporta una resa finale generalmente deludente, addirittura inferiore a quanto un emulatore gratuito potrebbe garantire su PC di fascia media. Filmati e menù sono proposti a volte in 4:3 – e quindi con fasce nere ai lati dello schermo -, a volte a 16:9 e la loro qualità mostra i segni di una compressione video che sporca la visione e crea un contrasto asprissimo con la pulizia della resa delle fasi tridimensionali. A furia di bug e mancanze (che quasi sicuramente non verranno risolti), è chiaro che la fedeltà artistica di questa serie sembra essere stata sacrificata senza tanti problemi.
Non bisogna però scordarsi che, ad oggi, l’acquisto di questa collection è l’unica modalità (completamente legale) per gli utenti PC di poter giocare il primo e il secondo capitolo della serie. Il terzo episodio era stato precedentemente pubblicato per l’utenza “master race” da Ubisoft. In entrambi i casi i risultati dell’operazione di porting sono considerabili ai limiti della decenza (il precedente port non permetteva nemmeno di uscire dal gioco se non ricorrendo all’accoppiata di ALT+F4), ma almeno per il primo sono già disponibili una serie di mod che cercano di rimediare agli errori commessi dagli sviluppatori; inoltre, paradossalmente, il primo porting assicura una resa estetica di colori e illuminazione più vicina a quella della versione PlayStation 2. Si tratta, insomma, di soppesare attentamente quel che si vuole ottenere da questa esperienza: il primo e il secondo capitolo sono più che altro interessanti per completezza storica mentre chi fosse interessato solamente al terzo episodio potrebbe anche valutare l’acquisto del precedente port, che viene spesso venduto ai saldi ad una cifra non superiore ai 3€.
Con questa Devil May Cry HD Collection Capcom porta su PS4, PC e Xbox One tutta la saga di Devil May Cry, ma lo scotto da pagare è piuttosto alto. Si tratta di un’operazione frettolosa, irrispettosa della visione concepita dai team coinvolti durante lo sviluppo nell’era PS2 e dominata da un pressapochismo tecnico davvero sconcertante. È chiaro che l’obiettivo fosse quello di “portare a casa la pagnotta al minimo sforzo”, ma bisogna chiedersi quanto ancora Capcom possa campare sui ricordi e sulla mancanza di rispetto nei confronti delle sue storiche IP.