L'importanza della narrativa.

Danganronpa V3: Killing Harmony

Sviluppatore: Spike Chunsoft
Publisher: NIS America
Genere: Visual Novel
Disponibile: Digital+retail
PEGI: 16+
Lingua: Inglese
Versione Testata: PS4
Ringraziamo il publisher per averci fornito una copia review

Sopravvissuti a riedizioni, spin-off, lo sbarco su PC e PS4 e l’ascesa del brand fino alla produzione di ben tre serie animate (e un dimenticabile OVA), gli appassionati della serie Danganronpa possono finalmente mettere le mani su Danganronpa V3: Killing Harmony, terzo capitolo del prolifico franchise Spike Chunsoft capace di rinfrescare la scena del genere visual novel con uno stile narrativo sopra le righe e una direzione artistica estrosa… quando non fuori di testa!

Esattamente come i precedenti episodi, approdati dapprima su PSP e successivamente su PS Vita, PC e PS4, anche questa nuova iterazione propone un cast di giovani protagonisti liceali alla disperata ricerca di una risposta alla domanda “Sopravvivremo”? Costretti ad uccidersi fra loro in un carosello di disperazione e speranza, gli estrosi eroi di Danganronpa V3 introducono una nuova continuità che, almeno apparentemente, nulla ha a che fare con le avventure dei precedenti protagonisti, facendo presto dimenticare la mediocre risoluzione del loro arco narrativo vista nell’adattamento animato Danganronpa 3. È chiaro fin dal primo minuto di gioco che la volontà degli sviluppatori era quella di prendere le distanze da quanto raccontato in passato, pur omaggiando i volti storici della serie. Giocando è come se fosse possibile percepire il loro divertimento nel distruggere e ricostruire tutte le convenzioni ludiche e narrative a cui avevano abituato il proprio pubblico, probabilmente alla ricerca di uno shock value che, negli anni, era andato via via perdendosi.

Per chi fosse a digiuno di Visual Novel in “salsa Monokuma”, bisogna dire che c’è un po’ di Battle Royale e un pizzico di Hunger Games nella premessa narrativa di ogni capitolo di questa serie, ma la capacità di Kazutaka Kodaka (sceneggiatore capo della saga) di riuscire a rimescolare le carte in gioco per regalare sempre qualcosa di nuovo ad ogni sua creatura è sicuramente un notevole vantaggio rispetto alla concorrenza. Nello specifico, Danganronpa V3 funge da vera e propria decostruzione (se non addirittura “auto-parodia cosciente”) di tutti i cliché vissuti in prima persona dagli appassionati in passato, sia per quello che si evince “tra le righe” – e le strizzatine d’occhio sono innumerevoli -, quando non addirittura esplicitamente per bocca dei sedici protagonisti e dei sei aguzzini che si parano loro di fronte; un bel giro sulle montagne russe per gli amanti della tipica narrativa “sanguinolenta” di Spike Chunsoft, i quali potranno trovare pane per i propri denti per oltre trenta-quaranta ore di gioco, senza contare poi le modalità extra che, per la felicità dei fan sfegatati, per la prima volta risultano essere davvero tante e soprattutto… ricche di ambiti ritorni.

FAKE NEWS

Se la sceneggiatura si rivela generalmente brillante, con picchi qualitativi riscontrabili soprattutto nel primo e nell’ultimo capitolo – pur denotando, come sempre, un registro linguistico semplicissimo e ben lontano dal volersi proporre come esempio di letteratura -, purtroppo lo stesso entusiasmo creativo non interessa l’intera durata dell’avventura, con casi spesso appesantiti da lunghe digressioni e comic relief non richiesti quasi a voler smorzare la voglia di arrivare ai titoli di coda e a rafforzare il concetto che, a più riprese, viene enunciato da Monokuma e dai suoi terribili cuccioli: “The killing game is not ending”. Letteralmente.

I “monocubs”, i cuccioli di Monokuma, diventeranno presto il vostro incubo.

Nonostante la generale fatica riscontrata nel trascinarsi fra un’investigazione e l’altra, il lavoro di Spike Chunsoft rimane comunque pregevole sotto il profilo della mera scrittura, tenendosi in equilibrio fra l’accentuato idealismo che muove alcuni dei personaggi e il nichilismo disperato (pun intended) che traspare da ogni battuta della mascotte bianca e nera. Basterà arrivare alla fine del primo capitolo per capire quanto gli sceneggiatori si siano sforzati di giocare con le aspettative degli appassionati: proprio nella risoluzione del primo caso di omicidio si potrà saggiare un esempio della qualità del lavoro chirurgico svolto per poter riconoscere ogni singolo luogo comune della saga e, successivamente, sovvertirlo per il puro gusto di tenere sulle spine il giocatore fino alla fine (anche a costo di “barare”).

Bisogna poi rendere plauso all’estremo coraggio con cui Spike Chunsoft ha deciso di trattare alcune delle tematiche riconoscibili nelle fasi avanzate di gioco, per nulla banali e in qualche modo di grande attualità se si volge allo sguardo al mondo dell’intrattenimento contemporaneo, ma dilungarsi in questo senso finirebbe per anticipare alcune delle sconvolgenti rivelazioni che il gioco nasconde sotto il proprio titolo.
Forse il più grande difetto di Danganronpa V3 sta nel voler tentare a tutti i costi di scuotere il giocatore intimamente, anche con soluzioni poco chiare o addirittura ingannevoli. Più che trovarsi a pensare “Come ho fatto a non arrivarci?” spesso la sensazione è quella di incorrere in palesi forzature narrative atte solamente a scuotere chi gioca più che ad accompagnarlo nel filo logico dell’investigazione. Ed è proprio in tal senso che si rivela l’ennesimo tallone d’Achille del prodotto Spike Chunsoft: la linearità. Se non si considerano rarissime eccezioni, Danganronpa V3 accentua la sensazione (già provata in precedenza, ma mai come ora) di trovarsi a guardare una storia già scritta, obbligando su binari il giocatore anche durante le fasi esplorative. Nemmeno l’introduzione di una meccanica che permette di mentire durante le Class Trials riesce a ramificare in modo rilevante i casi e la loro risoluzione, e non fosse per i dimenticabili extra collezionabili sarebbe quasi stato meglio trovarsi di fronte ad un gioco che non contemplasse l’esplorazione di aree 3D in quell che rimangono debolissime sessioni punta e clicca.

La possibilità di “muovere” gli oggetti dalle ambientazioni risulta poco più di un’aggiunta triviale.

Al netto di una narrativa forse fin troppo prolissa (o volutamente sfiancante, per motivi tematici) e di un’esecuzione ben lontana dalla banalità, Danganronpa V3 propone una struttura ludica praticamente indistinguibile dai precedenti, con minigiochi non sempre riusciti (in particolare il Psyche Taxi, una sorta di Outrun semplificato e dai colori acidi) e la sensazione che, quando ci si trova a dover maneggiare chiavi testuali come proiettili, ci sia stato qualche problema in fase di localizzazione. In tal senso bisogna segnalare che proprio per la sua mole di testo, la versione occidentale (curiosamente tradotta anche in francese) si conferma come una delle più mastodontiche operazioni di traduzione da parte del distributore statunitense NIS America; non deve stupire, quindi, se per la prima volta nella storia del franchise il doppiaggio giapponese è stato relegato a DLC gratuito per l’edizione PS Vita, obbligando i cultori della traccia audio originale (consigliatissima) a dover scaricare un sostanzioso pacchetto aggiuntivo di voci e strilli. Col passaggio a PlayStation 4 il comparto visivo ha sicuramente beneficiato di un generoso potenziamento, ma tutto sommato l’estetica generale della serie è ancora una volta sorretta da una direzione artistica solidissima e visivamente appagante, sforzo congiunto dell’indovinato character design di Rui Komatsuzaki, un continuo oscillare come un’altalena dal grottesco al caricaturale, e del compositore Masafumi Takada, conosciuto dai più per il suo lavoro nella serie di SUDA51 No More Heroes, ma altrettanto brillante nell’esecuzione e nella caratterizzazione dell’intera colonna sonora. I colori acidi di indicatori e barre a schermo si mischiano alle virate dark della narrazione, regalando momenti improbabili che sono poi il tratto distintivo di questa serie visual novel dedicata all’investigazione di efferati delitti e a sfatare il mito che non esista una risposta al concetto di “disperazione assoluta”.

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Danganronpa V3 Spike Chunsoft è, in sostanza, una spasmodica ricerca del cliff-hanger e dello shock value, in grado di tenere sulle spine anche a distanza di oltre trenta ore dalla prima visualizzazione del title screen. Anticipare qualcosa del suo intreccio sarebbe davvero disonesto e, malgrado una certa fiacchezza dello scheletro tematico su cui si basa, non possiamo che invitare chiunque fosse interessato al tema dello storytelling in ambito videoludico a dargli una chance.

verde

Good

  • Incipit e climax finale davvero ben scritti.
  • Tematiche interessanti e qualità della scrittura decisamente sopra alla media.
  • Attività extra come se piovesse.
  • Ottima direzione artistica.

Bad

  • Ritmo narrativo pachidermico per tutta la parta centrale.
  • Diversi minigiochi sono lontani dall'essere definibili "divertenti".
  • Nel tentativo di scioccare a più riprese, inciampa spesso in forzature logiche (e non) piuttosto evidenti.
  • Si respita un'accentuata sensazione di linearità.
7.9

C'è chi dice che nella sua stanzetta, dietro una mole spaventosa di fumetti d'epoca giapponesi, si celino misteri infiniti. Da sempre appassionato di videogame made in Japan e delle opere animate di Kunihiko Ikuhara, dategli un qualsiasi J-RPG e lo renderete un orsetto felice.