
Call of Duty: Black Ops – Cold War
Sviluppatore: Tryarch, Raven Software
Distributore: Activision
Formato: Digital+retail
Localizzazione: Italiano
Versione Testata: PS4
Ringraziamo il publisher per averci fornito una copia review
Dove posso acquistarlo?
Acquistando videogiochi attraverso questi canali sostieni GeekGamer.it e garantisci la qualità dei suoi contenuti senza alcun sovrapprezzo.
“Anemoia” è un neo-latinismo che non trova un diretto corrispondente nella nostra lingua, ma che possiamo cercare di tradurre come la tipica nostalgia che si avverte per un periodo che non si è mai vissuto. Per chi, come me, è nato poco prima della caduta del Muro di Berlino, non è raro trovarsi a provare questo tipo di sentimento nei confronti di un’epoca pregna di eventi geopolitici fondativi – ma anche di vere e proprie rivoluzioni musicali ed estetiche – come quella della Guerra Fredda. E guarda caso, puntuale come solo le tasse sanno essere, l’incarnazione annuale di Call of Duty (questa volta affidata alle sapienti mani di Treyarch e Raven Software) ci trasporta direttamente in quei mondi perduti di luci al neon e capelli impomatati a cavallo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, che hanno fatto da palcoscenico alle più intrusive campagne di spionaggio della storia.
Appena avviato Call of Duty: Black Ops – Cold War ci si rende immediatamente conto di come il riuscito feeling militaresco e realistico dell’ultimo capitolo della serie sorella – quella Modern Warfare sviluppata dal team di Infinity Ward – lasci stavolta il posto alla veste più caciarona e disimpegnata della serie Black Ops, di cui questo titolo è a tutti gli effetti un sequel – e prequel, visti i salti temporali a cui la serie ci ha abituati. Dopo una paio di brevi missioni piuttosto canoniche nelle quali ci si limita a inseguire l’agente doppiogiochista o il fuggitivo di turno facendosi largo a suon di proiettili, viene introdotta la vera novità di Cold War. Ci si richiede infatti di creare un fascicolo personale per il nostro personaggio, specificandone nome e cognome (il soprannome, Bell, non può essere modificato), il corpo speciale di provenienza e il sesso, quest’ultimo includente una progressiva opzione non-binaria che non si riflette particolarmente sulla trama del gioco. Una particolare attenzione, inoltre, è dedicata alla personalizzazione delle caratteristiche psicologiche del nostro eroe (o eroina), dandoci così modo di impostare dei veri e propri “perk” individuali che si ripercuotono sul gameplay. Per esempio, un personaggio dotato di lealtà e sangue freddo si comporterà come una vera e propria macchina da camping, ricevendo potenziamenti passivi nel restare fermo, mentre un violento patologico riceverà un bonus ai danni inferti.
DOPPI E TRIPLI GIOCHI
Una volta completate queste formalità la trama inizia a prendere forma, introducendo il nostro personaggio a volti noti della serie Call of Duty: Black Ops. Nel contempo, a ritmo quasi da stillicidio, ci vengono fornite informazioni sulle missioni a cui il nostro personaggio ha preso parte in passato nonché i reali obiettivi della caccia all’uomo che fa da colonna portante a questo Cold War. Il team di Bell è incaricato dal presidente Reagan in persona di trovare e neutralizzare il misterioso Perseus, abilissima spia sovietica che mette a rischio l’egemonia globale degli Stati Uniti d’America. Trovare il bandolo della matassa di intrighi orditi dai russi e dagli americani stessi, però, è tutt’altro che semplice e lineare. Call of Duty: Black Ops – Cold War fa di tutto per restituire al giocatore la sensazione di essere un vero agente del controspionaggio, a cominciare dalla messa in scena di un rifugio fornito di “lavagna degli indizi” funzionante come hub principale da cui scegliere a quali missioni partecipare. Una serie di piccole ma importanti decisioni da prendere durante la partita comportano alcuni cambiamenti dello svolgimento della trama e, in alcuni casi, indirizzano verso uno dei due finali.
Quest’attitudine spionistica e cerebrale, che richiede al giocatore di trovare la soluzione agli enigmi, fa sì che il gameplay consista in buona parte di operazioni di infiltrazione o di raccolta prove. Si tratta per certi versi del punto di forza ma anche di potenziale debolezza di Call of Duty: Black Ops – Cold War: la trama è infatti interessante e ricca di (fin troppi) colpi di scena, ma rischia di alienare color che cercano l’esperienza sparatutto a cui la serie ci ha ormai abituati. Anche il comparto grafico e sonoro riflette la scelta di allontanarsi dall’iperrealismo à la Modern Warfare: proporzioni e texture sono più colorate e distintive, le espressioni facciali risultano esagerate quasi al punto di essere caricaturali, e le armi suonano quasi più come giocattoli che come strumenti di morte.
Una volta terminata la breve (5 ore, includendo le missioni opzionali) ma intensa campagna principale, Call of Duty: Black Ops – Cold War mostra il meglio di sé riversando sul giocatore una moltitudine di contenuti che ne rendono la longevità pressoché infinita: dallo sblocco di videogiochi storici come Pitfall e Chopper Command con cui indugiare nel rifugio (magari alternandoli ad avventure testuali come Zork, ormai diventate presenza fissa della serie Black Ops) alla modalità Warzone condivisa in toto con Modern Warfare, passando per la modalità sparatutto in terza persona con visuale isometrica, Dead Ops Arcade, quella Zombi che pone una squadra di quattro giocatori contro orde di zombi sempre più numerose e agguerrite, per giungere infine alla sola ragione per cui tantissimi acquistano ogni anno la nuova versione di Call of Duty: la modalità multigiocatore.
Proprio il fronte multiplayer, al momento del lancio, rappresenta uno dei tasti dolenti del gioco: le mappe presenti al momento sono soltanto otto, e di queste solo due supportano la modalità da 40 giocatori mentre le altre assomigliano ad esercizi quasi da manuale di level design. Troviamo infatti quasi sempre tre lane principali nelle quali affrontarsi o tentare di aggirare il nemico, e in ciò si manifesta un notevole passo indietro rispetto alla maggiore libertà a cui ci ha abituati l’ultimo Modern Warfare. Fortunatamente però, in linea la tradizione inaugurata da Infinity Ward, tutti i futuri update saranno completamente gratuiti, e di conseguenza l’offerta del parco mappe si arricchirà e si diversificherà con il tempo senza bisogno di affrontare spese aggiuntive.
Tirando le somme, questo Call of Duty: Black Ops – Cold War è un titolo che mostra tutti i limiti della marcia forzata a cui Activision obbliga i suoi team di sviluppo: si tratta di un prodotto con un enorme potenziale, soprattutto nella regia e scrittura della campagna per giocatore singolo, che però sembra essere stato tirato fuori dal forno troppo presto, tanto che l’intreccio sembra essere stato accorciato pur di rispettare i tempi. A rafforzare quest’impressione sono anche la sparuta offerta di mappe multigiocatore e una modalità Zombi priva di quell’accenno di trama che collegava debolmente le incarnazioni presenti negli scorsi titoli della serie. Rimane comunque un gioco godibile – soprattutto per chi ama l’inizio degli anni ’80, i film di spionaggio sopra le righe o per chi, ormai assorbito da complotti di MKUltra e piani segreti del KGB, vuole scoprire la naturale continuazione dei temi presentati negli scorsi Black Ops.