Kingdom Come: Deliverance – Lacrime di coccodrillo?

Kingdom Come: Deliverance – Lacrime di coccodrillo?

Non ve lo nascondiamo: il “caso” ludico di queste ultime settimane, Kingdom Come: Deliverance, ci sta lasciando oltremodo perplessi, come potrete leggere negli articoli di prossima pubblicazione su queste pagine. Giunge ora la voce che Warhorse Studios, la software house ceca responsabile dello sviluppo del titolo, ha dovuto riconoscere come il prodotto finale non sia giunto sul mercato nelle condizioni sperate. Ciò sarebbe dovuto in particolare all’enorme numero di bug, molti dei quali sarebbero risultati anche buffi se non si fossero rivelati devastanti per l’esperienza di gioco di svariati acquirenti (in particolare nell’edizione per PS4, a detta di molti letteralmente ingiocabile).

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Mi chiamo Henry e in questa scena sto esprimendo un intenso dolore

Il produttore esecutivo, Martin Klima, ha rilasciato di recente alcune dichiarazioni sui forum ufficiali, rivelando che Kingdom Come: Deliverance era stato concepito “con il cuore di un indie game – più difficile, più esigente, più fiero – ma con la grafica e i valori di produzione di un titolo AAA”, ammettendo però che “avremmo voluto avere a disposizione più tempo per rifinire il gioco prima della pubblicazione, come meriterebbe un prodotto AAA”.

Dopo aver manifestato ulteriormente la propria distanza dall’approccio “commerciale” che, a suo parere, sarebbe riscontrabile nei titoli ad alto budget (“sempre più gentili, e adatti ai giocatori più casuali e distratti”), Klima ha inoltre dichiarato che lo sviluppo di Kingdom Come: Deliverance è stato più difficile del previsto, e che molte delle features previste in fase iniziale sono state abbandonate. “Ma alla fine” ha continuato “siamo riusciti a cucinarla, questa torta, non è vero?”

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Intanto che aspettate il nostro commento potete conversare amabilmente con la guardia senza testa

Onestamente, Martin, no. Kingdom Come: Deliverance è uno dei prodotti più sbagliati e incoerenti che ci sia capitato di subire in tempi recenti, e il problema principale non sta certamente nella ridda di bug che ne funestano il gameplay – e di cui pure bisognerebbe discutere, considerato che i giocatori spendono denaro sonante per portarsi a casa un titolo che necessiterà di altri sei mesi di patch per funzionare a dovere. Il problema principale sta nel design, che è talmente raffazzonato, contraddittorio e privo di direzione da essere riuscito nell’impresa di convincere buona parte del pubblico e della cosiddetta critica di trovarsi di fronte a un prodotto “radicale” e “rivoluzionario”, laddove non si riscontra nemmeno una singola idea, a partire dal concept generale, che non sia stata già proposta in precedenza – talora più di vent’anni fa – e molto meglio. Una vera e propria allucinazione collettiva che ci auguriamo non produca emuli, né ora né mai.

Avremo modo di parlarne approfonditamente a breve.

Storico dell'arte, musicista e sarto dilettante, giocatore compulsivo da ormai svariati decenni. Specialista in cRPG, fantasy europeo e Magic the Gathering. Quando non è alle prese con un videogioco di ruolo occidentale indie (più sono marroni e tristi, più ci si diverte), si nasconde nelle steppe siberiane in attesa di rientrare trionfalmente recando con sé qualche testa di idra come trofeo.