
Anche il recente Halo 5 Guardians è incluso nell’offerta.
Le mutazioni della fenomenologia del consumo negli ultimi vent’anni sono cambiate a ritmi da capogiro, spesso in modi che nemmeno i più fantasiosi economisti avrebbero potuto azzardare: solo vent’anni fa, per utilizzare internet, i giovanotti venivano cronometrati dai genitori esasperati dalle sostanziose bollette derivanti dalle tariffe “a consumo”, le uniche allora disponibili.
Gli sms e le telefonate non erano mai “illimitati” e si aspettavano le promozioni natalizie ed estive per godere di abbonamenti simil-flat che permettessero di mandare 100 sms al giorno in cambio di una tariffa mensile; inutile dire che allo scoccare della mezzanotte gli adolescenti cominciavano a battere sulle tastiere a ritmi che nemmeno i migliori telegrafisti avrebbero potuto seguire.
Forse proprio grazie al successo di queste promozioni, che facevano riprendere in mano il cellulare anche ai più taccagni, le aziende hanno cominciato a offrire sempre più spesso tariffazioni “flat”, ovvero abbonamenti che, dietro un compenso fisso mensile, permettono all’utente di usufruire di un servizio non più limitato dalla logica del consumo unitario.
Basta guardarsi indietro di appena qualche anno per vedere come i tentacoli di questo modello si siano espansi in direzioni imprevedibili: dall’acquisto o noleggio dei singoli DVD si è passati a Netflix; Spotify offre un servizio simile per gli appassionati di musica e persino Amazon ha cercato di implementare qualcosa di simile con l’offerta Kindle Unlimited, dedicata ai lettori forti.
Qualsiasi osservatore attento avrebbe saputo anticipare il prossimo target: i videogiochi.
Sebbene il primo tentativo “ibrido” di piattaforma videoludica on-demand sia stato fatto da Sony con Playstation Now, i problemi dovuti allo streaming dei giochi (impensabile per chiunque non abbia una linea a banda larga, e scomodo anche per chi ne è provvisto) e il prezzo piuttosto alto in rapporto al servizio offerto hanno fatto inciampare Playstation Now sui nastri di partenza.
Forti della lezione degli amici/rivali di Sony, i capoccioni di Microsoft provano a percorrere la stessa strada, stavolta con qualche accorgimento extra

Anche Soul Calibur II HD sarà giocabile, insieme a tanti altri titoli giapponesi.
Xbox Game Pass, in arrivo al termine della primavera di quest’anno, promette l’accesso a un catalogo di oltre cento giochi per Xbox One e un “contorno” di giochi scelti tra quelli retrocompatibili per Xbox 360, il tutto per 9.90€ al mese.
A differenza di quanto offerto da Sony, Microsoft tiene a sottolineare che non si tratta di un servizio in streaming, ma che i giochi verranno interamente scaricati nella console dell’abbonato che ne potrà godere esattamente come se ne fosse il proprietario. Se da una parte l’offerta sembra essere davvero allettante (l’accesso immediato a una libreria così vasta rende quasi obsoleta l’idea di acquistare giochi per la propria console), è impossibile non chiedersi come Microsoft intenda affrontare l’auto-cannibalismo generato da un’idea del genere.
Infatti se la multinazionale di Redmond metterà a disposizione anche i titoli più recenti sulla piattaforma Game Pass, il numero di abbonamenti salirà vertiginosamente, finendo però per mutilare in modo irreparabile le vendite vere e proprie dei titoli. Se, in alternativa, Game Pass si limitasse a offrire software ormai vecchi di mesi, i cosiddetti hardcore gamer si renderebbero presto conto di star dedicando il loro tempo alle nuove uscite pagate a prezzo pieno piuttosto che ai titoli in abbonamento, riducendo così l’opzione Game Pass a una piattaforma dal target piuttosto nebuloso.
Il videogioco, dopotutto, è un medium molto diverso dalla televisione o dalla musica: nella loro accezione moderna gran parte dei giochi richiedono l’attenzione del giocatore per oltre trenta ore, con trame e meccaniche pensate per coinvolgerlo sino alla fine della storia principale; un sistema che non si coniuga proprio con l’idea di “binge-playing”.
Insomma, se tutti noi avremmo dato una mano e un braccio per avere gettoni infiniti in uno dei vecchi cabinati arcade, saltando da un Metal Slug a una partita a Street Fighter 2 per poi svolazzare libero verso alti titoli cult, siamo davvero sicuri che sia altrettanto divertente passare un’ora in compagnia di Master Chief, correre per un paio d’ore nella verde Albion di Fable e poi gettarsi nel deserto post-apocalittico di Mad Max?