
Shadow Tactics: Blades of the Shogun
Sviluppatore: Mimimi Productions
Publisher: Daedalic Entertainment
Genere: Stealth RTS
Disponibile: Digital
PEGI: 18+
Lingua: Inglese
Ringraziamo il publisher per averci fornito una copia review
Dopo essersi cimentato in opere dedicate principalmente a un pubblico molto giovane, soprattutto nella resa visiva, Mimimi Productions ha deciso di buttarsi su un genere (e con un approccio) molto più adulto. Il risultato è Shadow Tactics: Blades of the Shogun. Il gioco è, senza troppi giri di parole, una vera e propria riproposizione di Commandos (o Desperados per gli amanti del vecchio West) in salsa giapponese. Avendo amato i titoli appena citati, la mia esperienza ludica con Shadow Tactics è stata umorale. Da un lato la grande felicità di poter rivivere antiche emozioni, con una telecamera finalmente degna di questo nome e delle animazioni molto più che gradevoli, dall’altro il risentimento di chi si rende conto di stare giocando un’enorme occasione mancata.
Il prodotto si basa su una lunga campagna, formata da livelli di difficoltà costante. Per tenere fede alla propria natura revival, i cinque personaggi giocabili vengono introdotti con il prosieguo della storia. L’incipit è dedicato ad Hayato, un ninja che deve infiltrarsi in un forte nemico durante un assedio mosso dallo Shogun del titolo. Hayato funge da tutorial, un tutorial scorrevole e per nulla macchinoso, capace di catapultare subito il giocatore nel vivo dell’azione. Shadow Tactics, come ho già detto, si presenta istantaneamente come RTS stealth vecchio stampo, e lo fa offrendo un gameplay tecnicamente di buon livello (ma vi anticipo già adesso, troppo semplice). La risposta dei comandi è veloce e quasi sempre precisa (chi non ha mai giocato al genere potrebbe ridacchiare, ma le minuscole hitbox di Desperados sono la prova concreta che si rideva ben poco all’epoca) e l’interazione ambientale più che soddisfacente. A seconda del personaggio selezionato si potrà salire sui tetti, nuotare e respirare sott’acqua (la famosa canna di bamboo dei ninja), nascondersi all’interno di strutture, far cadere massi, scatole e barili sui nostri ignari nemici, addirittura colpire i buoi per sfruttarne il poderoso calcio posteriore. Tutto questo, unito a un level design inizialmente all’altezza, rende le prime ore di gioco sicuramente godibili. Parlo solo delle prime ore di gioco perché la ripetitività è appostata dietro l’angolo, una volta sbloccati tutti i PG disponibili. Arrivato infatti al momento di poter utilizzare l’intero roster mi sono reso conto che Shadow Tacticts non solo ricalca il genere, ma lo anche semplifica in maniera fin troppo sensibile. I personaggi hanno a disposizione sempre la stessa ghiera di abilità, neanche troppo corposa, e manca completamente il concetto di looting e di utilizzo degli oggetti. Se questa mancanza non affligge il gameplay dei primi livelli, si fa sentire tantissimo successivamente, quando le situazioni di gioco tendono fisiologicamente a ripetersi.
LA FESTA DEI CLICHÈ
Altro problema rilevante viene poi quando, nonostante il party sia numeroso, risulta impossibile selezionare tutti i personaggi, eliminando la possibilità di spostamenti di gruppo all’interno della mappa. Ancora, la feature che permette la memorizzazione delle azioni dei PG – fondamentale nei giochi di questo genere – è ridotta all’osso, negando di fatto approcci tattici elaborati. Il parallelismo con il buon Commandos inizia a pesare come un macigno: dove sono le decine di armi a disposizione, le casse piene di munizioni, oggetti di missione e indizi di gioco? Ovviamente questa semplificazione, pur non sfociando nel semplicistico, porta con sé altre conseguenze negative. Innanzitutto il level design, che per poter reggere botta per più di due-tre ore offre al giocatore alcuni livelli di rara frustrazione. Non è questione di bravura, non è questione di approccio tattico: semplicemente alcune mappe sono troppo bastarde. In secondo luogo la buona interazione ambientale risulta sempre poco sfruttata, perché limitata alle scarse possibilità dei PG.
Con il passare delle ore però, ho afferrato finalmente quale fosse il vero, grande problema di Shadow Tacticts, ovvero l’assenza di una buona caratterizzazione dei personaggi e di una trama degna di questo nome. Il gameplay infatti, pur con i limiti da me evidenziati, reggerebbe tranquillamente se aiutato da un elemento narrativo che ne integri l’esperienza, dando al fruitore quello stimolo necessario a proseguire. Una mancanza davvero grave, che mina in maniera pesante l’esperienza di gioco. I personaggi giocabili sono una riproposizione piuttosto becera di alcuni dei più scontati cliché riguardanti il mondo nipponico: il ninja ruvido e silenzioso, il samurai valoroso e buono come l’orso della Casa Blu, la ragazzina minorenne dalla voce stridula, e via discorrendo. La trama che li vede coinvolti, pescandoli uno per uno quasi a casaccio, risulta da subito piuttosto raccogliticcia, senza presentare neanche un singolo personaggio di rilievo (né tra i buoni, né tra gli antagonisti). L’assenza di una narrazione che meriti questo nome potrebbe sembrare più un neo che un vero difetto, soprattutto se inserita nell’ambito di un genere che certo non è famoso in tal senso. Purtroppo però il già menzionato gameplay semplificato tende ad appoggiarsi maggiormente su un aspetto che un sistema di gioco più complesso potrebbe invece riuscire a coprire. In poche parole, un intreccio perlomeno intrigante avrebbe potuto aiutare il giocatore a trascorrere con maggior entusiasmo i numerosi livelli offerti da Shadow Tactics. A conti fatti l’unico vero passo avanti rispetto ad altri titoli del genere rimane la formidabile telecamera di gioco, che permette in qualsiasi momento di essere ruotata liberamente e con qualsiasi angolo di rotazione (eliminando i classici vincoli dei “quattro giri” a cui si è solitamente abituati quando ci si cimenta con un isometrico).
Un vero peccato, soprattutto perché il comparto grafico, grazie a una telecamera dinamica e alla bellissima resa stilistica di ambienti e animazioni, regge benissimo il confronto con titoli isometrici ben più blasonati. La palette di colori è variegata e sempre piuttosto azzeccata, regalando a volte degli scorci piuttosto interessanti e inusuali. Gli ambienti inoltre sono sempre molto puliti, e non presentano quel riempimento eccessivo di cui soffrono spesso videogiochi del genere. Va inoltre dato atto ad alcuni particolari livelli di essere incredibilmente ispirati nella realizzazione visiva, regalando dei bellissimi scorci. Un punto di merito, quello della bellezza prettamente estetica, che non fa altro che acuire il rammarico per non aver saputo osare o quanto meno bilanciare il prodotto attraverso una gestione più equilibrata delle componenti fondamentali di gioco.
Leggendo i miei pensieri sul prodotto si potrebbe pensare che non siano altro che i rimbrotti di un “vecchio” giocatore troppo legato a rivangare continuamente il passato. Potrebbe anche essere vero, ma l’operazione nostalgia messa in piedi da Shadow Tactics rende il confronto con i maestri del genere un elemento imprescindibile. Purtroppo il titolo, al netto dei miglioramenti fisiologici riguardo a comandi e visuale, regredisce in tutto se non nella grafica. Un gameplay valido ma indubbiamente ripetitivo, un level design che tenta di colmare il gap (inasprendo inutilmente la sfida) e una narrazione davvero scialba potranno convincere solo i patiti del genere.